L’inchiesta sulla concessione del giacimento petrolifero di Tempa Rossa, in Basilicata, svela la disastrosa condizione ambientale in cui versa la Basilicata, il Texas d’Italia. Come al solito, più il sottosuolo è ricco, peggiori saranno le conseguenze per la popolazione che su quella terra ci abita. E anche quando qualche funzionario prova a bloccare un provvedimento che potrebbe mettere a repentaglio la salute pubblica, la politica trova sempre il modo per aggirare il divieto. Il risultato è che i pochissimi studi sulla condizione sanitaria di chi sta vicino a dove si lavora e si estrae il petrolio mostrano un eccedenza esagerata di morti per tumori e malattie cardio-circolatorie.
Paolo Baffani è architetto. Funzionario della Regione Basilicata, nel 2013 aveva cercato di impedire che venisse rinnovata la licenza per il pozzo di re-iniezione dell’Eni denominato Costa Molina 2. Il suo timore era che non fosse adatto a reggere gli sversamenti. “Era una questione tecnica – spiega al Demone del tardi – non ideologica”. Gli inquinanti avrebbero potuto percolare dal pozzo e contaminare la falda. Soprattutto perché negli anni precedenti Eni si era disinteressata di due pagine di prescrizioni presentate dalla Regione per poter rinnovare la licenza.
Peccato però che in seguito questa mancata ottemperanza sia stata interpretata in altro modo. In sostanza, la Regione diceva di non essere competente e quindi la licenza è stata concessa. Oggi la magistratura ha messo sotto sequestro il pozzo e sono in corso delle indagini sull’Eni, da oltre due anni. Ipotesi di reato: smaltimento illecito di rifiuti.
Ascolta l’intervista di Lorenza Ghidini e Luigi Ambrosio a Paolo Baffani
Al di là delle responsabilità giudiziarie da accertare, c’è la questione delle condizioni sanitarie che andrebbe affrontata velocemente. I dati a disposizione sono molto pochi. Proprio due mesi fa è stato reso pubblico un rapporto del 2012 a cura dell’Istituto superiore di Sanità, che evidenzia un eccesso di mortalità a causa di tumori e di malattie cardiovascolari. Lo conferma Giambattista Mele, medico di Viggiano e referente dell’Isde, l’Associazione medici per l’ambiente. “Non si possono fare molti confronti se non con dati opubblicati dall’Istituto Mario Negri a fine anni Novanta”, ci spiega. “Lo studio è incompleto, manca di alcuni anni, ma ci restituisce una fotografia preoccupante”.
Ascolta l’intervista di Gianmarco Bachi e Luigi Ambrosio a Giambattista Mele
Anche un poliziotto provinciale ha provato a studiare lo stato di salute del sottosuolo di Viggiano. È il tenente Giuseppe Di Bello, costretto poi ad allontanarsi dalla polizia e a svolgere il lavoro di impiegato in un museo. “Avevo riscontrato attraverso studi autofinanziati una forte presenza di idrocarburi e metalli pesanti nelle nostre acque”, spiega.
Ascolta l’intervista completa a Giuseppe Di Bello di Gianmarco Bachi e Luigi Ambrosio