Perché ad Alzano Lombardo non si è fatto come a Codogno? Ora che sappiamo per ammissione dei diretti interessati che la responsabilità politica della mancata zona rossa è sia del Governo che della Regione Lombardia è necessario andare all’origine del disastro della bergamasca.
Negli stessi giorni in cui venivano chiusi l’ospedale di Codogno e 10 comuni del lodigiano, l’ospedale di Alzano restava aperto nonostante avesse più casi di contagio di Codogno e già un morto con COVID-19: Ernesto Ravelli, pensionato di 84 anni di Villa di Serio.
Il contagio ad Alzano Lombardo era iniziato prima della scoperta del paziente 1 a Codogno il 19 febbraio scorso. Testimoni raccontano di persone transitate dal pronto soccorso con strane polmoniti, ma questo non fece scattare l’allarme coronavirus.
Il 23 febbraio arriva l’esito degli unici due tamponi fatti fino a quel momento, entrambi positivi. L’ospedale di Alzano Lombardo chiude per qualche ora e poi riapre senza particolari precauzioni, raccontano diverse testimonianze.
La decisione di riaprire sarebbe arrivata dell’ATS di Bergamo. Difficile immaginare che l’assessore alla sanità Giulio Gallera non fosse a conoscenza di questa delicatissima decisione. Perché la Regione ha permesso questa riapertura?
È da Alzano Lombardo che parte la lunghissima scia di lutti che quel territorio sta vivendo. È negli ospedali che il coronavirus si è moltiplicato. Ammetterlo è ammettere il fallimento della gestione tutta incentrata sugli ospedali di Fontana e Gallera.
Tutti in quei giorni si concentrarono su Codogno, Conte parlò addirittura di errori commessi in quell’ospedale. Silenzio invece su Alzano Lombardo, un silenzio che si protrarrà fino alla mancata zona rossa. E siamo alle ammissioni di responsabilità di queste ultime ore.
Foto dalla pagina Facebook del comune di Alzano Lombardo