La produzione delle serie tv è sospesa: cosa succederà in futuro? Tra i tanti effetti collaterali della pandemia, quelli sulla televisione italiana sono stati visibili da subito: nelle trasmissioni senza pubblico in studio, per esempio, che improvvisamente rivelano quanto sia straniante e un pochino assurda l’idea di un presentatore che parla al nulla. Oppure nei palinsesti pieni di film “che fanno stare bene”, come la maratona Harry Potter su Italia 1 che segna, una settimana dopo l’altra, ascolti notevoli. O ancora, sempre parlando di ascolti, i picchi dell’Auditel toccati non solo dalle edizioni serali dei telegiornali, ma anche dalla tv del Vaticano Tv2000 durante le messe celebrate dal papa.
Anche gli appassionati di serie tv hanno già potuto assaggiare una prima conseguenza dell’emergenza sanitaria da coronavirus COVID-19: le serie trasmesse a brevissima distanza dalla messa in onda statunitense, come Westworld su Sky Atlantic e The Walking Dead su Fox, vengono proposte per ora solo in versione originale sottotitolata perché, naturalmente, l’attività di doppiaggio non è essenziale, e dunque è ferma come moltissime altre. Un dettaglio marginale, che però ha ri-acceso l’annoso dibattito sul doppiaggio, tra chi lo sostiene invocando la grande tradizione italiana (invero un po’ appannata, negli ultimi anni) e chi, abituatosi a fruire dei prodotti audiovisivi in originale, sottolinea come questa versione sia più autentica, potente, ricca di sfumature recitative e sonore.
Comunque la pensiate sull’argomento, c’è un’ulteriore minaccia che incombe all’orizzonte: ben presto non ci saranno più puntate, né da doppiare né da sottotitolare. La produzione cinematografica e televisiva hollywoodiana è infatti sospesa. Uno stop totale che non si vedeva dal celeberrimo sciopero degli sceneggiatori del 2007-2008, che durò ben 100 giorni e ci consegnò diverse stagioni monche o addirittura saltate. Lo stesso sta accadendo ora: tutte le serie da network generalista, tipicamente i procedurali come NCIS o Law & Order, le serie supereroiche come Supergirl e The Flash, i medical drama come Grey’s Anatomy e The Resident, hanno chiuso la stagione in corso a una manciata di episodi dalla conclusione, e quest’annata non avrà per loro un finale.
Serie che stavano cominciando la lavorazione in questi giorni, come Stranger Things o Euphoria, hanno rimandato tutto a data da destinarsi: questo vuol dire che a settembre, quando la tradizionale stagione televisiva americana prende il via, quest’anno potrebbero esserci prime serate vuote, o occupate solo da repliche. Così come da noi, anche negli Stati Uniti i programmi dal vivo si sono immediatamente rivoluzionati: per esempio i Late Show, i capisaldi della seconda serata a stelle e strisce, hanno ora edizioni speciali filmate dal conduttore-comedian di turno dal proprio divano di casa – come quelli di Stephen Colbert e Trevor Noah – o in studi deserti in location asettiche e disinfettate, con crew ridotte al minimo – è il caso del premiatissimo John Oliver.
Curiosità: praticamente tutti hanno mandato in onda i video virali dei sindaci italiani che intimano urlando ai cittadini di stare a casa, in un misto tra incredulità e ammirazione. Sarebbe facile commentare questo stop alla produzione tv con una battuta: in questi anni di Peak Tv sono state realizzate talmente tante serie tv che, anche se per un po’ la produzione si ferma, abbiamo centinaia di migliaia di episodi da recuperare. Ma, come tante altre industrie, anche quella hollywoodiana guarda al futuro con enorme incertezza, chiedendosi che aspetto avrà, quando potremo tornarci, la normalità.