“A Sala in questi giorni hanno riempito le tasche di fogliettini”.
La suggestione è di un collaboratore del candidato del centrosinistra. Immagine non vera, nell’epoca dello smartphone, ma verosimile, raccolta al Siam, dove si è riunita la Milano che si riconosce nel centrosinistra per la “Leopolda di Sala” coi tavoli di lavoro tematici che hanno contribuito a elaborare il programma, sulla scorta della kermesse renziana di Firenze, versione 2014.
Le proposte per far parte della lista del sindaco sono aumentate molto negli ultimi giorni. Siamo allo sprint finale e anche se la data fissata per la presentazione è il 16 aprile, nelle prossime ore si conosceranno i nomi. Probabilmente già martedì. Di certo c’è il capolista, Fiorenzo Galli. In passato alla guida dei giovani imprenditori di Assolombarda, oggi è il direttore del Museo della Scienza e della Tecnologia, che lui ha rinnovato e rilanciato. Galli continuerà a dirigere il museo e del resto il giudizio positivo sul suo operato è unanime e il museo rappresenta un viatico di prestigio. Sala e Galli hanno consolidato il loro rapporto ai tempi di Expo, a cui l’istituzione culturale milanese ha partecipato con diverse iniziative. Dietro a Galli, i nomi sono al vaglio. Ci saranno due degli attuali assessori della giunta Pisapia, Cristina Tajani e Franco D’Alfonso, poi rappresentanti delle professioni e dell’imprenditoria.
“Milano è una città che lavora”, ha ribadito ieri Sala.
Oltre lo slogan, Sala punta sul mondo di imprese e professioni, ed è logico visto che l’obiettivo dichiarato è allargare il bacino tradizionale del centrosinistra. Una strategia diventata poi ancora più urgente da quando il candidato del centrodestra è un manager come lui che parla a un elettorato potenzialmente sovrapponibile.
E poi c’è Massimo Ferlini. Diventato un caso da quando il suo nome è entrato nell’elenco. Il numero due della Compagnia delle Opere rimane in lista. Il suo è stato definito un “ritorno a casa” da parte dell’assessore Carmela Rozza, in nome del passato di Ferlini nel Partito Comunista, corrente migliorista. Se poi le pressioni che continuano ad arrivare da sinistra dovessero prevalere, al suo posto entrerebbe un altro rappresentante dell’area Cl-Cdo.
“Sono qui perché per quanto mi riguarda Cl deve stare nel centrosinistra – ci diceva uno di loro ieri – e la scelta dei ciellini in questo momento è 60/40 per il centrosinistra”. Una bella fetta di Cl in effetti rimane legata al centrodestra, a partire dal direttore di Tempi, Luigi Amicone che è candidato con Forza Italia fino all’ex ministro Maurizio Lupi che potrebbe scegliere di guidare una lista di centro a sostegno di Stefano Parisi. Voti che più che contarsi si pesano, e il messaggio che arriva dall’area di sinistra che sostiene Sala è chiaro: “il nostro obiettivo è prendere più voti possibili per limitare al massimo l’agibilità di Cl nella futura giunta”.
Era interessante osservare il cortile della “Società d’Incoraggiamento Arti e Mestieri”. C’era la sinistra della lista “sinistra per Milano”, da Sel, ai comitati, a Daria Colombo che li guida. C’erano i capilista di Sala e Partito Democratico, Fiorenzo Galli e Pierfrancesco Majorino. C’era il Pd al completo. C’era Ferlini con il suo sigaro immancabile e oltre a lui una presenza discreta di Cl. C’erano molti sindaci del centrosinistra della Lombardia e aspiranti tali. Il Governo era rappresentato da Maurizio Martina. La maggioranza, dai deputati milanesi. E poi attivisti, una certa borghesia affluente, i cattolici, il mondo del volontariato, don Virginio Colmegna, militanti dei diritti civili, giovani e meno giovani che parlano di startup e di sharing economy.
Tutti assieme in così pochi metri quadri non si erano ancora ritrovati.
“Noi non saremo mai quelli delle paure e della città a due velocità. Lavoreremo per l’internazionalità e per un grande patto contro la povertà”, ha detto loro Sala.
Due mesi di campagna elettorale sono lunghi, lunghissimi. “Possono darci lo slancio o logorarci – confidava un collaboratore del candidato – dipende da come ci comporteremo, da quanti errori commetteremo e da quante ne azzeccheremo”.
E Sala sa che più che convincere chi ieri c’era, dovrà convincere chi non c’era.