La lotta politica ai tempi del coronavirus. Il conflitto con le Marche è solo l’ultimo in ordine di tempo. E potrebbero essercene ancora.
Il governo ieri sera ha impugnato il provvedimento di chiusura delle scuole deciso dal suo presidente, Ceriscioli. E mentre lo faceva, il presidente della Sicilia Musumeci decideva a sua volta di chiudere le scuole di Palermo e attaccava Roma: “I controlli su chi arriva in Sicilia non sono adeguati“.
Questo al culmine di una giornata in cui si era consumato il conflitto tra Governo e Lombardia, con la Lega all’attacco di Conte che aveva criticato l’ospedale di Codogno da cui è partita l’epidemia.
I politici, dopo i primi giorni di apparente compattezza, sono tornati a fare i politici.
Nelle Marche si vota tra poco, il presidente uscente vorrebbe ricandidarsi, le persone chiedono misure forti contro il coronavirus. In Lombardia la sanità è una enorme fonte di potere, il modello non deve essere messo in discussione. Nel paese della campagna elettorale permanente dire come fa Musumeci, “io avrei schierato i Carabinieri“, porta consenso, calcolano i politici.
Il risultato sono la confusione e la delegittimazione del governo che del resto ieri ha cambiato rotta sulla comunicazione pubblica con raccomandazioni ad abbassare i toni perché la preoccupazione è anche la ricaduta economica del virus. Ma fino a poche ore prima Conte si diceva pronto a “misure draconiane attraverso il braccio armato della Protezione Civile” e la contraddizione stride.
Per fronteggiare la malattia, e per evitare troppi danni all’economia, serve una politica compatta e coesa, nel messaggio e nell’azione, diversamente da quello che si sta vedendo.
Foto dalla pagina Facebook del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte