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Tratto dal podcast
Memos di gio 06/02
Europa | 2020-02-06
Il Patto di Stabilità e Crescita è di nuovo al centro dell’attenzione della stampa, italiana e non solo, da quando la Commissione Europea ha completato il suo esame e presentato un documento per aprire il dibattito con gli Stati UE e decidere in che direzione andare nelle modifiche da apportare al documento.
Per comprendere meglio cos’è il Patto di Stabilità e Crescita e capire di cosa si sta discutendo in queste ore in Europa abbiamo intervistato l’economista Francesco Saraceno, insegnante all’Università di Parigi e alla Luiss di Roma nonché autore del libro “La Scienza Inutile”.
L’intervista di Raffaele Liguori a Memos.
Cos’è il Patto di Stabilità e Crescita?
Il patto di stabilità, sottoscritto nel 1997 e oggetto di riforme negli anni successivi che non ne hanno alterato il funzionamento, è stato fatto con l’idea che siccome le politiche di bilancio rimanevano nelle mani dei Paesi membri – non siamo una federazione, ma un’organizzazione internazionale – occorreva che ci fossero delle regole che impedissero ad un Paese membro irresponsabile di far pagare il prezzo della sua irresponsabilità agli altri Paesi della zona euro.
E il patto da questo punto di vista ha funzionato: neanche nei momenti più drammatici della crisi si è mai pensato che la zona euro potesse esplodere completamente. Il massimo che si è arrivati a pensare è che un Paese come la Grecia, e ad un certo punto anche l’Italia, potesse uscire.
Questa sorta di protezione dei Paesi della zona euro da un’eventuale indisciplina, però, ha portato al fatto che le politiche di bilancio di tutti i Paesi europei negli scorsi vent’anni sono state in genere molto più inerti e molto meno capaci di reagire agli shock economici di quanto non fossero, ad esempio, quelle di altri Paesi al di fuori dell’Europa. Abbiamo pagato a carissimo prezzo questa regola che doveva proteggere da un’eventuale indisciplina perché, sia in temi di crisi sia nei cosiddetti tempi normali, i nostri governi avevano le mani legate.
Perché la Commissione UE vuole modificare il Patto di Stabilità
Dal 2008-2009 ci si è resi conto, prima fra gli economisti accademici e poi pian piano al al Fondo Monetario, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), la stessa Commissione UE e tra i governi dei Paesi più avanzati, che troppo in fretta in passato era stata messa da parte la politica di bilancio come strumento di stabilizzazione dell’economia. Per 20 anni si era detto le politica di bilancio non deve essere usata, i mercati vanno tranquilli e sono efficienti e quando c’è qualche problema è meglio usare la politica monetaria.
La crisi ha mostrato che i mercati non sono efficienti e che la politica monetaria spesso non è il modo più efficace per combattere la crisi e per riuscire a combattere le fluttuazioni del reddito. E da qui si è rimessa in gioco la politica di bilancio e questo, con molto ritardo, ha finalmente investito anche le istituzioni europee, che oggi si chiedono se non dovremmo avere delle regole che consentano anche a Paesi che hanno teoricamente poco margine di manovra di mettere in campo delle politiche di transizione ecologica o per contrastare la povertà e così via. È comunque uno sviluppo positivo. Sul risultato di questo processo dobbiamo aspettare.
Foto dalla pagina ufficiale della Commissione Europea su Facebook