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Tratto dal podcast
Fino alle otto di mar 04/02 (terza parte)
Politica | 2020-02-04
Il primo round di votazioni per scegliere il candidato del Partito Democratico statunitense che sfiderà Donald Trump alle elezioni del 2020 si è svolto nel caos più assoluto in Iowa, primo stato USA a chiedere il parere dei cittadini. I risultati stanno tardando ad arrivare e, nonostante candidati come Bernie Sanders e Pete Buttigieg stiano già rilasciando dichiarazioni di ottimismo, tutto è ancora da vedere.
Abbiamo fatto il punto della situazione col nostro collaboratore Davide Mamone dal quartier generale di Bernie Sanders a Des Moines, in Iowa. L’intervista di Alessandro Braga a Fino alle Otto.
Come mai ci sono questi ritardi nei risultati?
Si sta procedendo col conteggio analogico dei voti. È appena uscita una breaking news della CNN che sostiene che, secondo una fonte, i dirigenti del Partito Democratico in Iowa sperano di poter pubblicare i risultati nella giornata di martedì. Sarebbe una figuraccia nella figuraccia, tutti la stanno definendo in questa maniera, perché sostanzialmente non si capisce quale sia stato di preciso il problema. Intorno alle 21 locali è stata annunciata la sospensione del conteggio e un gruppo di tecnici ha iniziato a operare nel quartier generale di Des Moines, ma senza fortuna. Il partito ha tranquillizzato tutti dicendo che non c’è stata nessuna intrusione o tentativo di hackeraggio, ma si parla di incongruenze nei risultati. E di conseguenza ancora non si sa esattamente chi abbia vinto.
I protagonisti di questa sfida stanno già rilasciando dichiarazioni. Bernie Sanders ha detto che in Iowa è iniziata la fine di Trump.
Sì, non è stato l’unico. Anche Pete Buttigieg, ex sindaco di South Bend. I risultati parziali che sono arrivati dai vari distretti promettono bene, ma lui ha quasi proclamato vittoria dicendo “arriveremo vittoriosi in New Hampshire“, la seconda tappa delle primarie l’11 febbraio. Non ci sono dei risultati e non si sa sulla base di cosa abbia quasi dichiarato vittoria. La dichiarazione di Sanders credo sia più una considerazione di pensiero ideologica. Qui al quartier generale si respira comunque un’atmosfera di speranza e di ottimismo. Sembra che, dai primi numeri, sia emerso un Bernie Sanders in crescita.
Anche perché non ci dimentichiamo che i caucus sono diversi dalle primarie: non è una semplice X su un foglio, ma ci sono i vari distretti che segnano persona per persone e candidato per candidato quanti voti hanno preso nei vari distretti. Alle campagne elettorali qualcosa è già arrivato, ma manca l’ufficialità del partito.
Perché sono così importanti queste votazioni in Iowa?
Tutto ha avuto inizio negli anni ’70, quando Carter partecipò da solo a queste primarie. C’era solo lui, ma in realtà vinse il partito del non voto. Lui arrivò secondo, ma essendo stato l’unico ad avere partecipato lo ha utilizzato in campagna elettorale dicendo “io sono il vincitore nel primo stato che è andato al voto“. Da allora i caucus Iowa hanno preso sempre di più un ruolo preponderante e di fatto sono importanti anche per la differenza tra caucus e primarie. Le primarie sono simili al processo che conosciamo anche in Italia. Qui, invece, è una forma di democrazia diretta e partecipativa dove le varie basi di ogni candidato cercano personalmente, voto per voto, di convincere le altre a ad andare nella squadra vincente. C’è una sorta di macro consultazione popolare distribuita in micro aree come scuole, palestre e biblioteche in cui queste persone si incontrano e fanno la conta di chi supporta uno e di chi supporta l’altro.
Io ero in un distretto a Des Moines all’interno di una palestra. Lì la prima tornata è stata vinta da Buttigieg, seguito da Elizabeth Warren e Sanders. Nè Klobuchar né Joe Biden sono riusciti a superare il 15% di quel distretto e quindi a partecipare alla seconda votazione. Anche lì ci sono state delle complicanze a livello tecnico e la situazione è rimasta in sospeso, ma poi ci siamo spostati al quartier generale di Sanders. L’unito dato che posso dare per certo è quello del distretto a cui ho partecipato.
Tra l’altro l’importanza di queste votazioni si basa anche sulla statistiche. Tranne nel 1992, quando vinse Bill Clinton, tutti i vincitori sono diventati i candidati ufficiali del Partito Democratico.
Esatto. Non ci dimentichiamo che nel 2008 Obama costruì la sua narrativa di novità e di “Yes We Can” dall’Iowa. Quella è stata la sua prima grande vittoria.
L’Iowa è importante perché è il primo stato, ma non ci dobbiamo dimenticare che non è rappresentativo dell’America. Il 90% delle persone che sono andate a votare oggi è bianco. Le minoranze sono vere minoranze all’interno dello stato dell’Iowa. Il 78% delle persone è bianco, solo il 22% tra afroamericani e latini. Questo significa che in un contesto come quello statunitense, dove sono le minoranze e i giovani a fare la differenza nel risultato delle elezioni, l’Iowa rappresenta un banco di prova importante ma non totalmente significativo da questo punto di vista. Questo ci fa capire quanto fosse grande la vittoria di Obama nel 2008: il primo presidente afroamericano che riuscì a vincere in uno stato come l’Iowa. Donald Trump perse i caucus in Iowa contro Ted Cruz, ma riuscì comunque a vincere molto bene la nomination repubblicana.
Foto dalla pagina Facebook di Bernie Sanders