L’uccellino che cinguetta nel web spegne dieci candeline. Le sue prime parole nel 2006 sono state “Just setting up my twttr”.
Così il fondatore Jack Dorsey ha lanciato in etere il primo tweet. Da allora per Twitter tanti successi, che oggi paiono però lontani: gli utenti non crescono e le casse sono sempre più vuote. Quando nel 2013 l’azienda si è quotata in Borsa valeva 25 miliardi di dollari. Oggi circa la metà. Gli utenti sono 320 milioni, un quinto meno dell’inarrivabile Facebook. E poi c’è Instagram: il social di fotograLa competizione è altissime e sul mobile l’uccellino patisce i successi delle foto su Instagram. Tutte difficoltà che stanno spingendo ad una rivoluzione copernicana Twitter: non più cinguettii a comparsa solo con un criterio cronologico, ma tramite un algoritmo, come per Facebook.
Abbiamo intervistato Marco Massarotto, fondatore dell’Agenzia di comunicazione digitale Doing, tra i massimi esperti di Twitter. Per fare un bilancio di questo primo decennio e immaginarsene un prossimo.
Quali sono i punti di forza di Twitter?
È stato il primo social interamente mobile. Aveva una grande immediatezza e semplicità: all’inizio era praticamente l’sms pubblico, nel 2006 2007. Più avanti, quando si è raffinato, un fattore di grande crescita è stato lo sbarco su Twitter di celebrities varie, giornalisti, intellettuali che hanno reso il mezzo più famoso. L’ultimo punto è la tendenza di questi ultimi anni a diventare lo spazio dell’intellighenzia dei social network. È polarizzato: da una parte è il luogo dove si fa il tifo per i programmi tv, dall’altra è il social dove ci si formano delle opinioni.
Quali sono le cause della crisi di Twitter?
Una premessa: queste aziende sono sempre molto difficili da inquadrare. Sono molto piccole, una decina di dipendenti. Creature immaginarie che vivono di finanza, che ricevono un sacco di soldi per lo sviluppo globale, ma che a livello “territoriale” sono poco tangibili. Certo, le proiezioni economiche valgono anche per loro, sia in positivo che in negativo. E nel caso di Twitter siamo nel secondo caso. All’inizio qualunque investitore si è presentato per sviluppare il mezzo, ora tutti se ne vanno. Il più grande difetto? Non sono mai riusciti a centrare il lato visual, quello delle fotografie. Il primato della foto via mobile gli è stato rubato da Instagram. Twitter non si è mai riuscito a staccare dall’esperienza delle parole, non è mai riuscito a creare un’esperienza visiva. Su questo, Twitter ha sempre commesso un’infilata di errori. E su questo vuoto Instagram ha costruito un successo che contende la narrazione sul web. In fondo, un’immagine vale più di mille parole.
Quali sono le prospettive per il futuro? Come ci dobbiamo immaginare i prossimi dieci anni di Twitter?
Difficile dirlo perché dieci anni in questo settore sono un’era geologica. Per Twitter gli scenari possibili sono: primo, sgonfiarsi e entrare in un loop negativo che lo porti ad essere marginale; secondo, può essere accorpato da qualche grande piattaforma come Google, che potrebbe dare nuove energie al social network; terzo potrebbe trovare una chiave per rinnovarsi autonomamente e continuare ad essere attrattivo verso gli investitori. L’innovazione, in questo caso, potrebbe arrivare dall’arrivo del video o ecommerce, oppure da altro ancora che non ci aspettiamo. È sempre difficile fare innovazione di se stessi, però, va detto. Sono comunque ottimista, vedo nella sua ancora attuale immediatezza e nell’apertura al pubblico un grande vantaggio rispetto agli altri.
Ascolta l’intervista integrale a cura di Omar Caniello