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Tratto dal podcast
Malos di mer 13/02 (seconda parte)
Italia | 2019-02-13
Lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni, autore della serie dell’Ispettore Lojacono e della serie del commissario Ricciardi, è intervenuto oggi a Malos e con lui Luigi Ambrosio e Davide Facchini sono voluti andare oltre la polemica su Milano suscitata dalle parole del Ministro del Sud Giuseppe Provenzano.
Partiamo dalla polemica che è stata innescata dalle parole del ministro del Sud Giuseppe Provenzano su Milano rispetto al resto d’Italia, ma con lei non vogliamo commentare Provenzano. Vorremmo capire come Napoli vede una città come Milano. Il Mattino ha parlato di città sanguisuga, ma secondo i napoletani è davvero così?
Io sorrido perché Milano è una straordinaria città d’Europa, è all’avanguardia e sta peraltro vivendo un momento splendido grazie anche alla conduzione di un sindaco illuminato, Beppe Sala, che io ho avuto occasione di incontrare più volte e di cui ho avuto una straordinaria impressione. Andare a Milano è molto piacevole perché si respira un’aria di euforia, di crescita e di rinnovamento che a mi piace moltissimo. Quindi non è una città sanguisuga, non lo è affatto. È vero che le risorse che secondo la Costituzione di questo Paese avrebbero dovuto nel lungo periodo di vigenza della stessa Costituzione essere destinate al Meridione d’Italia, di cui Napoli è un pò una capitale, di fatto non vi sono state destinate.
Non è vero che Milano succhia il sangue a Napoli. Milano è una grande città d’Europa che fa parte del settentrione d’Italia che purtroppo, grazie alla improvvida conduzione politica di questo Paese è stata destinataria di maggiori risorse di quelle che sono invece state destinate al Sud. Su questo non ci piove. Che invece poi Milano abbia grandissime realtà rivolte appunto all’Europa da cui dista molto meno, non c’è dubbio ed è un grosso beneficio non solo per Milano, ma per tutto il Paese.
Questa polemica è stata incentrata sul concetto di restituzione, inteso però come restituzione in termini di relazioni, culturali e di lavoro. Milano è oggettivamente una città che in questi anni si è internazionalizzate. Secondo lei sono i milanesi che non hanno voglia di avere a che fare con gli altri italiani oppure che c’è una difficoltà oggettiva a lavorare in altre aree del Paese?
È un discorso di velocità. Non c’è discussione sul fatto che Milano vada a una velocità diversa dal resto del Paese. Ma è anche vero che se questo Paese vuole avere il ruolo, la potenza e la forza che è giusto che abbia come Paese fondatore della Comunità Europea, e allora la velocità di un gruppo si misura dalla velocità del più lento, non da quella del più veloce. Fingere di non saperlo, fingere di non sapere che Matera, Capitale Europea della Cultura 2019, non ha una stazione ferroviaria secondo me è una follia. Banalmente è un discorso di grandi occasioni perdute.
È un’idiozia pensare di essere rivali. Rilevo che alcune forze politiche hanno trovato la propria forza anche in questi slogan.
Credo che l’individuazione della zavorra e di un nemico sia sempre un modo per compattare le forze. E questa è una sciocchezza perché questo Paese ha bisogno di tutto il Paese, in ogni aspetto e in ogni lato. Pensare di poter crescere lasciandosi indietro più di metà del Paese credo sia un discorso più da fessi che da furbi.
Però lei sa che a Milano la Lega non ha mai attecchito. Questo discorso a Milano è stato sempre minoritario.
Come la Brexit non è un discorso londinese.
Andare ad una doppia velocità può anche significare sviluppare diverse sensibilità. A quel punto sì che ci sarebbe una sorta di allontanamento.
Bisognerebbe capire la velocità e in quale gara. Io che vivo in una città che è sempre agli ultimi posti delle classifiche sulla qualità della vita, le posso garantire che raramente capita che turisti o nativi possano pensare di vivere altrove. E siccome non credo nel masochismo turistico, evidentemente c’è qualche misuratore che non viene preso in adeguata considerazione. Penso che fondamentalmente questo sia un Paese estremamente diversificato, forse troppo per certi versi, e quindi ci si dimentica il valore della differenza. La differenza è una ricchezza, la diversità è una ricchezza. Se cercassimo di ricordarcelo più spesso, forse vivremmo tutti molto meglio.
Noi che viviamo a Milano siamo ben consapevoli degli stereotipi che ci sono su questa città e che ogni tanto oggettivamente risultano un pò pesanti. Le leggo un messaggio che ci è arrivato via Telegram. Mi dica se secondo lei questo è uno stereotipo o se è vero e anche a Napoli è così. Questo ascoltatore scrive i motivi per cui Milano è attraente: non c’è omofobia, c’è un livello di razzismo che è il 5% di quello del resto d’Italia.
Io posso posso dire con certezza che Napoli è una città che nasce dal porto, nasce dal mare, e quindi ha l’accoglienza nel suo DNA. Non c’è dubbio che a Milano sia la stessa cosa. Milano è da sempre la meta di tantissima immigrazione italiana e non italiana. Non potrebbe fare a meno di essere accogliente. Il discorso è purtroppo queste caratteristiche di civiltà si finge che non esistano, a volte anche strumentalmente. Sono convinto che le grandi metropoli condividano la tolleranza, l’accoglienza e l’apertura. Il problema è che l’Italia è fatta di poche grandi metropoli e di molto molto molto hinterland.
Una cosa che porterebbe via a Milano?
L’allegria. E lo dico con assoluta certezza. L’allegria civile e l’allegria di una vita affrontata da una collettività. Napoli è una città che sa essere molto triste, perchè dimentica la collettività. Io faccio questa provocazione: sarei per togliere a Milano l’allegria e portarla a Napoli.
Foto dal profilo Facebook di Maurizio De Giovanni