Un viaggio di otto anni lungo i 16.500 chilometri di confini dei 26 Paesi dell’area Schengen. Lo ha fatto Valerio Vincenzo, fotografo italiano che vive tra Parigi, Milano e l’Olanda. Il suo progetto “Borderline, the Frontiers of Peace“ è stato esposto nella capitale francese alla sede dell’Unesco.
Oggi, davanti alla crisi profonda che percorre l’Europa e le sue frontiere interne, ragiona sull’importanza del Trattato di Schengen, “che dobbiamo proteggere per le generazioni future”.
“Le frontiere sono cambiate – dice Valerio Vincenzo – e io volevo mostrare questo cambiamento, che è stato rapido. Gli accordi di Schengen sono entrati in vigore nel 1995, ma in Italia due anni dopo. In quell’anno io mi sono trasferito in Francia e ottenere il permesso di soggiorno era stato veramente complicato. Non ricordo quante volte sono dovuto andare in Prefettura”, racconta il fotografo. “Mancava sempre una carta e addirittura l’ultima volta mi hanno convocato per firmare con la penna nera un documento che avevo firmato con la penna blu”.
“Due anni dopo – prosegue Valerio – l’Italia è entrata nell’area Schengen e tutta questa trafila burocratica è crollata come un castello di carte. Quando, tempo dopo, ho cambiato lavoro e mi sono dedicato solamente alla fotografia ho deciso di documentare questo cambiamento. Era il 2007 e nessuno parlava del Trattato di Schengen, io ho voluto raccontare le frontiere a modo mio. Quella parola evoca muro, filo spinato, doganieri, file ma non è più così, almeno in alcune aree del mondo. Spesso nelle mie foto mostro i due paesi confinanti, e tra l’uno e l’altro cambia soltanto il colore del cemento per terra”.
“Si può criticare la costruzione europea – dice ancora il fotografo – ma se c’è una cosa da difendere con i denti è la libertà di circolazione, un enorme passo avanti che dobbiamo proteggere per le generazioni future”.
Ascolta l’intervista a Valerio Vincenzo di Lorenza Ghidini e Gianmarco Bachi