“Sono Emad Nassar, ho 22 anni e sono di Gaza, Palestina”. Si presenta così l’autore di questo scatto, “Gaza, l’ora del bagno”, che si è aggiudicato il premio Sharjah, indetto da questo piccolo emirato arabo con il patrocinio dell’Unesco. Ha risposto così alle nostre domande.
Quando è stata scattata questa foto?
L’ho scattata il 26 giugno 2015 a Shaja’ia, un quartiere di Gaza City distrutto dall’ultima aggressione militare dell’esercito israeliano nel 2014.
Perché hai deciso di scattarla?
Per dare ispirazione al mondo e far capire alle persone fuori da Gaza che noi (i palestinesi) non siamo terroristi e non siamo contro la pace come dichiara la stampa israeliana. Anche noi meritiamo una vita normale come tutti gli esseri umani. Non meritiamo solo la morte. Nonostante tutta la devastazione che ci sta attorno, troviamo sempre il nostro modo per vivere.
Quale messaggio volevi lanciare?
Il messaggio principale non solo di questa foto, ma di tutto il mio lavoro è dire che il popolo palestinese è forte e paziente e resiste, nonostante il disinteresse del mondo intero.
Cosa ti ha colpito guardando il padre e i due bambini?
Nei suoi occhi ho visto tutto: la gioia mescolata a una profonda tristezza. Quel bel sorriso ha trovato un modo per uscire nonostante la paura e la devastazione che c’è a Gaza. Ho visto la sua promessa alle bambine cha alla fine tutto si aggiusterà. Ho visto talmente tanto che in realtà non trovo nemmeno le parole appropriate per descriverlo.
Ricordi i nomi dei due bambini? Puoi nominarli?
Certo, ricordo tutto di quella foto. Il padre si chiama Salem Saoody e ha 30 anni. Sulla sinistra c’è sua figlia Layan e sulla destra la nipote Shaymaa, di cinque anni.
Com’è la situazione dei bambini a Gaza?
I bambini e i civili sono le principali vittime dell’aggressione israeliana e per questo non possono vivere la vita bella e semplice che hanno sempre sognato. Non hanno gli stessi diritti di cui godono i loro pari nel resto del mondo, come il diritto a giocare, imparare, divertirsi, mangiare in modo salutare, vivere in sicurrezza. Tutto questo a causa dell’aggressione e per lo stato di assedio costante.
Cosa ha significato per te la vittoria del premio fotografico Sharjah?
Per me il premio rappresenta un motivo per continuare a informare il mondo su come viviamo e come lottiamo per vivere come in tutto il mondo. Ritengo che la grande diffusione di questa foto sia una vittoria per tutti i sorrisi persi dei bambini di Gaza.
Come mai hai deciso di diventare fotografo?
Sono stato influenzato e ispirato dal mio collega e fratello maggiore Wissam Nassar e da suoi lavori stupendi.
Perché hai titolato la foto “Gaza, l’ora del bagno”?
Ho scelto questo nome per mostrare alle persone la paradossale situazione che si vive a Gaza. Mi piace il sorriso sui volti del padre e delle bambine perché ispira molte persone al mondo a sperare e non arrendersi. E senza dubbio perché questo semplice gesto arriva al cuore di milioni di esseri umani.