La destra vuole riprendersi Milano, città che in questi anni è diventata un faro nel panorama spesso desolante della politica italiana. Vuole riprendersela per spegnere il più importante esempio di alternativa laica e progressista all’egemonia salviniana. Punterà tutto sulle paure delle persone, come al solito. E oggi festeggia perché per la prima volta, da quando Pisapia vinse le elezioni comunali nel 2011, l’unità del centrosinistra che governa Milano è intaccata. Per la prima volta dal 2011, si vede una incrinatura nella solidità del cosiddetto “modello Milano” sul tema del Daspo urbano.
Il Daspo urbano, da un punto di vista pratico, è uno strumento la cui efficacia è discutibile.
Ha una valenza molto grande, invece, sul piano simbolico.
Il punto è che si tratta del piano simbolico della destra. Chi gioca adottando il linguaggio dell’avversario, rischia.
Il Daspo urbano è una risposta demagogica alla domanda di sicurezza. E’ lo strumento perfetto nelle mani della destra populista. Nelle mani della destra salviniana, della destra del “prenditeli a casa tua”. Non affronta i problemi alla loro radice, non si preoccupa di garantire davvero la sicurezza ai più deboli, non intacca i poteri criminali.
Il Daspo urbano, va detto, piace a una maggioranza di cittadini. Perché equivale a nascondere i soggetti fragili della catena dalla vista di chi si lamenta della loro presenza. Perché sono poveri, magari sì un po’ sopra le righe, perché non si intonano con la città.
Il centrosinistra può rispondere giocando la partita sul proprio terreno. Un terreno che a Milano esiste.
Sala e il centrosinistra potranno vincere di nuovo, ne hanno i numeri. E saranno numeri tanto più alti quanto più sapranno rinnovare il modello della città aperta, teorizzata e applicato in questi anni. La città fatta di internazionalizzazione e inclusione. Di business e di attenzione agli ultimi. Di cultura del lavoro e di solidarietà.