
Meet the Media Guru è una piattaforma di disseminazione della cultura digitale e dell’innovazione con la missione di contribuire a colmare il divario digitale nel nostro Paese. Martedì 11 Giugno la piattaforma organizza un incontro con Jeffrey Schnapp designer, umanista statunitense e docente ad Harvard, dov’è anche co-direttore del Berkman Klein Center for Internet and Society.
L’incontro tratterà di mobilità, di design per la tecnologia più innovativa, di robotica e anche di intelligenza artificiale.
Durantre la trasmissione Cult abbiamo avuto ospiti Maria Grazia Mattei, responsabile di Meet the Media Guru, e Jeffrey Schnapp.
Maria Grazia Mattei, in questo incontro di Meet the Media Guru si affronteranno temi cruciali, quali sono?
Siamo in una fase di grande transizione: nella nostra cultura, nella nostra società e nell’impatto con le nuove tecnologie le domande sono ancora tutte aperte. La nostra tradizione è quella di individuare dei temi forti e provare a indagarli da un’angolazione particolare, che non è la fascinazione della tecnologia. Ad esempio parlando di mobilità tutti pensano alle auto a guida autonoma o pensano all’intelligenza artificiale, invece Meet the Media Guru pone l’accento sul senso profondo di questa nuova dimensione della mobilità che impatta anche nell’organizzazione della città e del lavoro. Noi non parliamo di tecnologia, parliamo di come le tecnologie siano il sintomo di qualcosa di più profondo. Abbiamo creato, insieme a Fondazione Bassetti, Fondazione Cariplo, Repower e Politecnico di Milano, un percorso a tappe con guru come Jeffrey Schnapp, Giorgia Mar e Ryan Jahnsen, per esplorare questa nuova dimensione dell’essere. Un cambiamento che cerchiamo di osservare da un punto di vista diverso: antropologico, tecnologico, sociale e sociologico perché è ora di iniziare a prestarci maggiore attenzione. In particolare ci interessa la questione etica perché dobbiamo chiederci come si regolerà questa mobilità futura rispetto all’umano e che rapporto si creerà tra uomo e macchina.
Around Mobility è il ciclo d’incontri creato da Meet, il centro di cultura digitale di Meet the Media Guru. Jeffrey schnapp si occupa di incrociare digital humanities, knowledge design e media studies. Per comprendere come cambierà il modo di spostarsi in futuro, partiamo da un neologismo coniato appositamente: Moveability.
È un neologismo anche se in realtà è una parola che ho trovato nei dibattiti riguardo alla Vespa durante gli anni cinquanta, quando si cercava di definire quella rivoluzione nella mobilità leggera che ha rappresentato un veicolo come la Vespa. Io mi sono appropriato di questa parola per suggerire quello che viene “dopo” la mobilità. Quando dibattiamo su presente e futuro della mobilità c’è una forte tendenza a presupporre che i protagonisti della mobilità saranno gli stessi protagonisti della “movabilità”, invece credo sia necessario riflette meglio su questo punto. Anche se l’automobile è stato il padrone assoluto della mobilità del ‘900 non è per niente detto che l’automobile continui ad essere il protagonista della mobilità del XXI secolo.
Alla domanda “cosa succederà quindi?” non è semplice dare una risposta però si possono individuare alcune tendenze.
Sì, credo che una delle tendenze la possiamo già vedere per le strade di una città come Milano, ancora più radicata in realtà come Los Angeles, ed è l’esplosione della micro-mobilità, cosa che non sarebbe stata prevedibile 10 anni fa. Il monopattino, per esempio, sembrava un giocattolo da bambini invece oggi sta invadendo lo spazio urbano in tutto il mondo. La micro-mobilità è una categoria che avrà un ruolo preponderante nel futuro della mobilità negli spazi urbani. Quasi il 50% della popolazione mondiale vive nelle grandi metropoli, come si muoverà quella maggioranza della popolazione? Secondo me non sarà solo sui vettori tradizionali di mobilità ma anche, e soprattutto, nell’ambito della micro-mobilità.
La micro-mobilità è un elemento molto interessante perché, dal punto di vista sociologico, modificherà anche la nostra percezione degli spazi.
Noi abbiamo la tendenza a pensare che la mobilità sia una questione tecnica, una questione pratica o una questione funzionale. In realtà la mobilità è cultura, è il disegno delle nostre città, è tutto quello che condiziona e segna il carattere della cultura a cui apparteniamo, per cui un mutamento di questo tipo è un mutamento di fondo nel modo in cui le persone interagiscono con le loro città e con i loro quartieri. In questo mondo di iper-connettività che caratterizza il presente ci sono delle controtendenze che rafforzano il nostro rapporto con quello che ci circonda in modo più immediato, e la crescita della micro-mobilità fa parte di questa trasformazione che è in corso. Ci stiamo avvicinando ad una fase in cui l’automobile diventa solo un elemento in una specie di ecologia della mobilità dove non sarà più il protagonista.
Parliamo di automobili autonome.
Malgrado la febbre dei tecno-profeti del momento il mezzo autonomo non è dietro l’angolo, non per caso le grandi aziende che hanno portato avanti queste ricerche stiano frenando regolarmente sulla messa in opera di questi sistemi. Ci sono delle complessità che non sono solo complessità tecniche, sono complessità culturali, sono complessità di regolamento e soprattutto sono complessità che riguardano proprio le aree urbane stesse, la loro architettura, la segnaletica e la struttura delle strade. Per cui anche se i problemi tecnici fossero sul punto della risoluzione, e anche se fossero tutti risolti, il passo in avanti non è così semplice, è un passo complesso che solleva soprattutto una questione: in che tipo di città vogliamo vivere noi cittadini del XXI secolo? Le tecnologie non rispondono a questa domanda, siamo noi che dobbiamo rispondere. In una società iper-tecnologica c’è bisogno di una riflessione molto più ampia sui valori, sull’etica e sui nostri modelli di società, di comunità e di cultura.
In tanti Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti e dall’Europa, ci sono intere popolazioni che non sono abituate a spostarsi se non in automobile. Inoltre ci sono Paesi che sull’automobile hanno fondato la maggioranza delle attività produttive, come certi Paesi dell’Asia. Come si può fare a penetrare questo pensiero anche laddove l’automobile ha rappresentato un miglioramento delle condizioni di vita?
L’automobile è proprio il simbolo, l’incarnazione di un modello di modernizzazione che è in corso in tanti Paesi del mondo. La cultura dell’automobile ci ha portato ad una specie di impasse lungo anni. Ad esempio studiando le velocità di attraversamento delle grandi metropoli negli ultimi 30 anni scopriamo che sono fermi o in diminuzione. L’efficienza di quel vettore è stato messo sempre più sotto pressione dalla realtà del traffico urbano. Queste difficoltà non fanno che crescere e, oltre all’impatto ambientale, anche l’impatto sulla qualità della vita non è da sottovalutare. Si tratterà di una transizione a lungo termine, non sarà instantanea, però gli elementi più innovativi sono la rinascita del ciclismo e la micro-mobilità come quella dei monopattini. Arriveranno tante proposte innovative che cambieranno le nostre abitudini quotidiane.