Questi giorni di marzo 2019, 20 e 21, incipit di Primavera, saranno ricordati come quelli della fine del Movimento 5 Stelle. Non la fine materiale, perché il partito di Casaleggio continuerà a prendere voti, magari pure tanti, e magari continuerà a vincere e governare. Ci riferiamo alla fine di una stagione politica, che sarà irripetibile. Quella della retorica della lotta contro la cosiddettta “casta” e la classe politica corrotta, quella del Parlamento da aprire come una scatola di tonno, quella dell’antipolitica, quella dell’uno vale uno. Quella del popolo contro le élite.
Il Movimento 5 Stelle ieri ha evitato a Salvini il processo per convenienza e nello stesso giorno ha espulso un suo rappresentante arrestato, il presidente del Consiglio Comunale di Roma, per convenienza. 24 ore dopo un assessore della giunta romana è finito sotto inchiesta per le stesse ipotesi di reato, la corruzione nella costruzione del nuovo stadio. Roma è stato il trampolino di lancio dei grillini. Prima il Campidoglio, poi il Parlamento e il Governo. Promettevano di cambiare Roma e l’Italia, sono Roma e l’Italia che hanno cambiato i 5 Stelle.
In cosa li hanno trasformati, nel demonio? No. Li hanno trasformati in un partito come gli altri. Con pregi, con meriti, con buone idee. Come gli altri. E con difetti, con cattive idee e cattiva politica, con cinismo e spregiudicatezza. Come gli altri. Una élite politica che tiene alla propria riproduzione politica, tradotto alla propria sopravvivenza. Come gli altri. Che fa scelte in contraddizione con i propri princìpi, per convenienza. Come gli altri. Dove ci sono le brave persone e i corrotti, fatto salvo il valore sacrosanto del garantismo per tutti. Come gli altri.
Come gli altri. Tre parole che dovrebbero essere normali, una idea che dovrebbe essere normale, e che invece, per chi è nato e cresciuto vendendo un prodotto, quello della diversità, dell’onestà, dell’essere migliori, diventano un grosso problema.