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Il renzismo è contendibile, per ora solo da destra. Intervista con Luca Alessandrini.
A cura di:Raffaele Liguori
Le ultime elezioni regionali hanno dato un doppio segnale ai vertici del Pd. Primo: il crollo nella partecipazione alle urne è stato più forte nelle “regioni rosse”(Toscana e Marche), sia rispetto alle politiche del 2013 che alle europee del 2014. Secondo: il tracollo nei voti assoluti per il Pd (oltre due milioni, complessivamente) è stato particolarmente forte in una regione “ostile” come il Veneto (-65,8%, rispetto alle europee). Una regione, quella veneta, che invece avrebbe dovuto testimoniare – nella logica del “partito della nazione” - la capacità del Pd di acquisire consensi, se non proprio di vincere, anche in territori “avversi”. Ma così non è stato. Il renzismo diventa in questo modo contendibile, l'era del “41%” delle europee sembra lontana. Infatti, nelle sue regioni (come l'anno scorso in Emilia Romagna) il renzismo non riesce a rafforzare la partecipazione al voto e in alcuni casi (Umbria) vince solo dopo un testa a testa con gli avversari; e poi, in una della regioni simbolo della destra del nord, non riesce a guadagnare posizioni. Visto però quanto è successo in Liguria, in Veneto, e poi il boom di voti della Lega, la conclusione – parziale – è che il renzismo sia diventato contendibile solo da destra. Purtroppo – speriamo solo per ora - solo da destra. L'ospite di oggi di Memos è Luca Alessandrini, direttore dell'Istituto Parri di Bologna, storico.
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