Aggiornamento: l’Isis ha rivendicato l’attentato. A scriverlo per prima l’agenzia di stampa Aamaaq, legata allo Stato Islamico. La Polizia di Jakarta conferma.
Un attacco terroristico ha scosso questa mattina il cuore commerciale della capitale indonesiana Jakarta.
Nella tarda mattinata, un commando terroristico di forse 14 individui ha prima attaccato con azioni dinamitarde suicide un caffè della catena internazionale Starbucks nel centro commerciale Sarinah e il vicino posto di polizia e poi si è disperso in varie direzioni nel centro cittadino, diventando oggetto di una caccia all’uomo da parte della polizia.
Ufficialmente, almeno quattro i morti tra chi si trovava nel caffè e i passanti e tre fra i poliziotti coinvolti nelle esplosioni. Ci sarebbero anche tre militanti morti suicidi, cui si aggiungerebbero altri quattro uccisi negli scontri successivi con le forze di sicurezza. Dopo le prime esplosioni, altre si sono succedute in aree diverse, tra cui quelle di Cikni, Silpi e Kuningan, in prossimità delle ambasciate turca e pachistana, sempre nel centro della città dove si trovano anche il palazzo presidenziale, il parlamento e diverse altre sedi diplomatiche. Assediato dalla polizia con cani addestrati alla ricerca di esplosivi anche la sala cinematografica Jakarta Theatre dove sono stati segnalati militanti armati. Numerosi gli scambi di colpi di arma da fuoco tra polizia e terroristi la cui origine resta ignota mancando anche una rivendicazione.
L’attribuzione avanzata da alcuni all’auto-proclamato Stato Islamico (Is) resta incerta e non ammessa ufficialmente dalla polizia, nonostante l’allerta lanciato da tempo per l’infiltrazione dell’ideologia e dei metodi dell’organizzazione attraverso militanti locali che si sono diretti verso le aree di conflitto mediorientale e sono in parte rientrati. L’allarme era già stato lanciato prima di Natale e quasi tutta la polizia nazionale e reparti speciali dell’esercito erano state mobilitati per garantire a indonesiani e stranieri la sicurezza durante le festività di fine anno e l’avvio del nuovo. La polizia aveva comunicato nei giorni scorsi di avere sventato un attentato terroristico nella capitale preparato per Capodanno e l’arresto di almeno due individui di origine straniera coinvolti.
Nel grande Paese musulmano, patria di un Islam moderato ma con frange radicali e anche militanti, si guarda pure a mujahiddin locali che si sono dichiarati a favore dell’Is. L’azione potrebbe essere frutto di elementi dell’organizzazione locale Jemaah Islamiyah, legata un tempo a Al Qaeda e il cui leader storico, Abu Bakr Bashir da ieri si trova in tribunale per la richiesta avanzata dai suoi sostenitori di revisione della pesante pena carceraria comminata nel 2011 per la sua propaganda estremista.
Oltre ai primi messaggi di solidarietà al governo, sono arrivati anche gli avvertimenti di diverse ambasciate – tra qui quella statunitense – ai propri cittadini affinché evitino le zone potenzialmente più a rischio.
L’Indonesia, soprattutto dagli attentati di Bali che nell’ottobre 2002 provocarono oltre 200 morti, è stata colpita da diverse azioni terroristiche mirate insieme a interessi occidentali e alla destabilizzazione del paese che ha 250 milioni di abitanti.
Da ricordare l‘attentato contro l’ambasciata australiana del 2004 con nove morti e il doppio attacco a hotel frequentati da occidentali nel 2009 con sette uccisi. In anni recenti, tuttavia, l’azione decisa del governo ha ridotto di molto consistenza e spazi di azione dei gruppi estremisti, in una situazione in costante evoluzione e che riceve sempre nuovi stimoli dai teatri di confitto asiatici e mediorientali in cui l’Islam ha un ruolo di primo piano.