In Centrafrica si profila un ballottaggio presidenziale tra Anicet Dologuelè e Faustin Archange Touaderà. Con il 53 per cento delle schede scrutinate i due sono separati da un pugno di voti: 179.200 il primo e 178.400 il secondo. Entrambi hanno un vantaggio considerevole sugli altri candidati, che sono intorno ai settantamila voti.
Dunque è quasi certo che il 31 gennaio prossimo in Repubblica Centrafricana si voterà ancora e questa volta il voto sarà decisivo: dovrebbe designare un capo dello stato legittimato a governare su tutto il paese mettendo fine ad una guerra civile terribile. Sono stati quasi due milioni gli elettori centrafricani che sono andati alle urne lo scorso 30 dicembre per eleggere il nuovo Presidente e i rappresentanti della nuova Assemblea Nazionale, ponendo così fine alla fase di transizione iniziata con la destituzione di Bozizé e con il conflitto civile, iniziato nei primi mesi del 2013.
Con i primi attendibili risultati del voto sono cominciate le proteste: una ventina dei 30 candidati in lizza per la presidenza hanno chiesto che lo spoglio delle schede sia interrotto perché si sarebbero verificati brogli che invaliderebbero i risultati. Tra i contestatori, ovviamente, non ci sono i due candidati che probabilmente andranno al ballottaggio. Probabilmente le richieste di annullamento della consultazione non avranno seguito. Si tratta, infatti, di proteste attese e prevedibili.
Ciò che invece impensierisce è che ci sono nuove accuse di abusi sessuali per alcuni membri della missione militare dell’Onu in Centrafrica. Non sono stati resi noti di che nazionalità siano i soldati ma non è la prima volta che si verifica uno scandalo di questo genere. Nei mesi scorsi erano stati accusati militari francesi. Tutto ciò destituisce di autorevolezza la missione Onu, che invece nei prossimi mesi dovrà svolgere un ruolo cruciale nel rimettere sui binari della legalità questo paese che, al momento, non ha un esercito riconosciuto e credibile. I Centrafricani per il momento hanno fatto il loro dovere e lo hanno fatto bene: partecipando in massa al voto e vincendo le paure di nuove possibili violenze. Ora tocca anche alla comunità internazionale che, in questo caso, è rappresentata proprio dalla missione Onu.