La Grande Recessione ha provocato tante crisi: tra le generazioni, tra i generi, tra le professioni. Ciascuno è stato colpito in modo diverso e messo alla prova nella sua capacità di rispondere alle difficoltà del momento. Il libro di Roberta Carlini “Come siamo cambiati. Gli italiani e la crisi” (Laterza, 2015) è un’indagine documentata e accurata sugli effetti della crisi, su come ha influito sulle nostre vite di giovani, donne e uomini. Roberta Carlini, giornalista, condirettrice del settimanale Pagina 99, ospite oggi a Memos, parla di questi anni di crisi come di un’“età del ferro”: «è un’età – dice – molto dura in cui ci sono stati molti cambiamenti. Sono stati anni difficili, non tanto e non solo perché c’è stata una crisi economica, ma perchè anni di contrazione delle attività, delle visioni del futuro, della capacità di guardare avanti, anni così lunghi non potevano che segnare alcune generazioni. Non abbiamo – racconta Carlini – una crisi da cui poi si rientra ritornando allo stato di prima. Abbiamo un passaggio da uno stato ad un altro. Ciò che è emerso da indagini statistiche, giornalistiche e dal lavoro che ho fatto è che la capacità di reazione, di adattamento e di risposta della società – ad un livello molto privato, personale, familiare – è stata molto più forte rispetto alla presa d’atto del livello più politico, istituzionale ed economico della società».
Nell’ultimo numero di Pagina99 scrivi che la popolazione residente in Italia nel 2015 (primi dieci mesi) è calata per la prima volta in quasi un secolo, dal 1919. Anche questo è il segno di come siamo cambiati?
«Ricordo che stiamo parlando della popolazione residente in Italia, non degli italiani. C’è di nuovo che strutturalmente sta calando l’apporto della popolazione straniera. Inoltre è aumentato nel corso del 2014 il numero dei decessi e c’è un sospetto che tale aumento sia – tra gli altri – un ulteriore effetto della crisi economica. Un altro dato, come racconto nel mio libro, è che l’anno scorso ci sono stati meno nati rispetto agli anni precedenti. Voglio sottolineare questo aspetto della significativa riduzione della popolazione straniera perché il discorso pubblico sembra non essersi accorto di un ciclo che si sta concludendo».
Su cosa ha pesato di più la crisi?
«Sui progetti del futuro che rigurdano tanto le venti-trentenni italiane che rinviano il momento in cui fare il primo figlio, tanto le donne straniere che non si stabiliscono in Italia. Il segnale del calo delle nascite non è adeguatamente valutato come un allarme se non in alcuni ambienti, come i cattolici ad esempio. Non per una questione di valori, né per una questione di equilibrio contabile, il calo delle nascite è un problema di una generazione che sta rinviando il momento della decisione. Un rinvio che causa un’infelicità o che la provocherà in futuro quando l’orologio biologico renderà definitivo il rinvio. Il calo delle nascite è l’espressione di un malessere sociale».
La conversazione con Roberta Carlini tocca anche altri temi affrontati nel suo ultimo libro.
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