Più di due ore di conferenza stampa di fine anno e un concetto (politico) molto chiaro: Matteo Renzi prende già le distanze dai risultati delle elezioni amministrative della prossima primavera e punta tutto sul referendum costituzionale dell’ottobre del 2016, viatico per le politiche del 2018, quando – ha detto il presidente del consiglio – sono pronto a scommettere che il Pd vincerà al primo turno.
Matteo Renzi ha tracciato una linea sulla sabbia. “Se perderò i referendum vorrà dire che la mia esperienza politica sarà fallita”. Una frase netta. Inequivocabile. Quella sarà la sua partita più importante. Ben più di quella delle prossime amministrative. Perché Renzi vuole presentare così la sfida delle città. Non collegata al destino del suo governo.
È stato lui stesso a dirlo. È evidente che il presidente del consiglio, con i sondaggi che danno il Pd in calo e in grosse difficoltà, se non addirittura già sconfitto a Roma e a Napoli, non abbia alcuna intenzione di mettere la faccia sul voto per le comunali. E quindi ha già messo le mani avanti: se i risultati saranno deludenti, ha voluto specificare, dipenderà da fattori locali, non certo da lui.
Se il Pd verrà sconfitto, il governo non subirà contraccolpi. Renzi lega invece con un doppio nodo il suo destino politico al referendum confermativo della riforma del Senato; sarà quello lo spartiacque. Pensa di poterlo vincere, grazie ai sondaggi di opinione e alla potenza di una Rai che ora, dopo la riforma appena varata, è passata dal controllo dei partiti a quello (non meno soft) del governo.
Sull’onda di quel successo, il presidente del consiglio pensa poi di poter arrivare con il vento in poppa all’appuntamento con le elezioni politiche del 2018. E vincerle. Perché lui – nei suoi piani – si presenterà come il bastione della politica (e del buon governo) contro l’anti politica e il populismo di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo.
I contorni di questa narrazione (renziana) sono stati delineati nell’appuntamento con la stampa parlamentare di fine anno. Una delle frasi più ad effetto è stata: “Nel 2015, la politica ha battuta il populismo 4 a 0″. L’elenco di Renzi comprende l’elezione alla Presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella, la legge elettorale e la riforma del Senato e la Buona Scuola.
Iniziata con un polemico botta e risposta con il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Jacopino – (quest’ultimo ha chiesto al governo di intervenire per sanare la situazione dei giornalisti sottopagati, come quelli che guadagnano 4.500 euro lordi all’anno nel Nord – Est; una vera e propria schiavitù – ha detto; “non esiste schiavitù in Italia” – ha replicato Renzi) – la conferenza stampa è poi proseguita con l’elenco dei successi rivendicati dal presidente del consiglio per il 2015.
“È stato un anno migliore del 2014″. Mostrando la rituale serie di slide con il disegno di un gufo, Matteo Renzi si è intestato la crescita del Pil (+ 0.8%), il calo della disoccupazione (dal 13.5% all’11.5%) – grazie al Jobs Act, ha specificato – il raddoppio dei mutui bancari concessi nel corso degli ultimi 12 mesi.
Poi le domande dei giornalisti sui mancati interventi del governo sullo smog, sulle banche, sul calo di consenso del Pd, sulle difficoltà nei comuni in cui si voterà. Un Renzi perennemente ottimista. Con un obiettivo, chiudere la partita del 2018 già il prossimo autunno.