“Non ci arrendiamo, non abbiamo paura. Certo quando ho avuto la notizia della chiusura della nostra società ho pianto, ma non molliamo, noi vogliamo continuare a giocare”. Rossana Rovito è una calabrese tosta di 21 anni. Ha la maglia numero 11: è ala sinistra dello Sporting Locri, la società che ha subito minacce e intimidazioni di stampo mafioso.
Sono 13 le calciatrici, componenti della squadra che milita nella serie A del calcio femminile a cinque. Tredici donne che non si vogliono arrendere. Il presidente della società, Ferdinando Armeni, dopo le minacce ricevute, tra cui una che faceva riferimento a sua figlia, ha deciso, almeno sino a ora, o di cedere la società (“senza chiedere un euro”, ha precisato) o di chiuderla.
Rossana, partiamo dal momento in cui ha ricevuto la notizia che la vostra società, dopo le minacce e le intimidazioni ricevute, avrebbe chiuso. Qual è stata la sua reazione?
Mi sono messa a piangere, perché è stato un duro colpo. Sono stata due miunti in silenzio al telefono con la persona che mi stava comunicando la chiusura della società. Ho provato poi rabbia perché non capivo cosa stesse succedendo.
E poi…
Poi, chiusa la telefonata, mi sono confrontata con le altre mie colleghe calciatrici e abbiamo capito che era successo quello che nessuno di noi poteva mai immaginare.
E cosa vi siete dette?
Ci siamo dette, sin dall’inizio, che noi volevamo continuare a giocare sempre e a testa alta, perché questa partita la dobbiamo giocare tutti insieme e vincerla tutti insieme.
Resta il fatto però che il presidente della vostra squadra Ferdinando Armeni, dopo le minacce, ha annunciato la chiusura della della squadra.Voi calciatrici cosa farete ?
Noi non molliamo, perché non stiamo chiedendo niente se non potere continuare a giocare a partire dal 10 gennaio (contro la Lazio, ndr). Vogliamo continuare, il campionato è ancora lungo.
Per lei, Rossana, cosa rappresenta il calcio?
Tutto, tutto. In particalare in una regione come la Calabria, in cui ci sono tanti problemi, che tutti sappiamo. E quando c’è qualcosa di bello non deve essere rovinato, calpestato. E oggi hanno calpestato il nostro sogno, il sogno di 13 ragazze. Mi viene da pensare che nel 2016 non c’è nemmeno più la libertà di dare due calci al pallone.
Dopo le minacce e le intimidazioni alla società avete avuto paura?
No. Questi atti, queste minacce, non dovrebbero mai succedere. Sono atti che vanno condannati, ma nel momento in cui accadono devono darci forza per andare avanti e non avere paura.
Cosa avete detto al presidente della società Armeni ?
Non è il chiudere la società la soluzione giusta, perché significa darla vinta a persone che ci stannno togliendo tutto quello di buono che abbiamo creato. C’è molta rabbia tra noi. Con il presidente ci sentiamo continuamente e gli diciamo a gran voce di non mollare.
Lei mi diceva che avete ricevuto molta solidarietà, ma ora volete vedere fatti concreti.
Sì, da politici, dalle autorità, dalle squadre di calcio a 5 e a 11, e poi soprattutto da molte nostre colleghe calciatrici che ci sono vicine. La solidarietà è da apprezzare, ma ora ci aspettiamo concretezza e di non essere lasciate sole nel futuro.
E rispetto al vostro campionato di serie A?
Noi il 10 gennaio vogliamo scendere in campo contro la Lazio, insieme a tutti quelli che ci hanno dato solidarietà.
È un avversario duro la Lazio?
Sì, è un avversario duro, ma non non siamo un squadra facile da battere.
Ascolta l’intervista integrale