Il 24 settembre scadrà la cassa integrazione per circa 80mila lavoratori, che rischiano quindi il licenziamento. È emergenza lavoro per il governo, che sul tavolo ha centinaia di crisi da risolvere.
Mirco Rota della segreteria nazionale della Fiom continua a chiedere al governo cosa intende fare per quella importante scadenza della cassa integrazione e per gli ammortizzatori per quei lavoratori che rischiano il posto. L’intervista di Claudio Jampaglia a Giorni Migliori.
È un punto molto delicato. Abbiamo tanti tavoli di crisi, molte le abbiamo già risolte e quelle più evidenti sono state l’Ilva, Piombino e altre ancora. C’è un fatto, però, che preoccupa molto ed è la data del 24 settembre: tra pochi giorni molti lavoratori rischiano di non avere più a disposizione ammortizzatori sociali per gestire la crisi e per uscire da una situazione di difficoltà. Questo perché il Jobs Act, anziché dare una mano a queste situazioni di crisi, introduce delle novità negative, come la riduzione della durata della cassa integrazione e non solo di questo strumento. E quindi i lavoratori che la stanno utilizzando da 3 anni rischiano di essere licenziati il 24 settembre.
Il Ministero cosa sta rispondendo?
Quello che abbiamo percepito da parte del Ministero è l’intenzione di intervenire per ripristinare la cassa integrazione nei casi di cessazione. È un intervento importante, ma non sufficiente. Credo che sia necessario ragionare su larga scala e che le aziende, soprattuto quelle che hanno sofferto la crisi e che stanno facendo investimenti per difendere l’occupazione, meritino una considerazione particolare al punto da poter ricevere un ammortizzatore più lungo.
Penso che il governo dovrebbe prendere in seria considerazione questo ragionamento e sviluppare una proposta che tuteli questi lavoratori che di difficoltà ne hanno già vista parecchia. Stiamo parlando di gente che è in cassa integrazione e utilizza l’ammortizzatore da 3 anni, cioè gente che lavora poco e ha uno stipendio ridotto. Hanno già pagato abbastanza. Bisogna fare un ragionamento di questo tipo, lo abbiamo suggerito al governo e attendiamo una risposta a breve.
E il sindacato cosa può fare?
Il sindacato, soprattutto quello dei metalmeccanici che ha questi numeri molto pesanti, debba valutare da subito anche una mobilitazione nel momento in cui non arrivasse una risposta da parte del governo.
La cassa integrazione c’è in alcuni casi, ma è stata cancellata in altri casi. Anche la NASpI, l’ammortizzatore che ha sostituito la mobilità, è stata ridotta. Quando un’azienda, terminata la cassa integrazione, ricorre ai licenziamenti, prima aveva la procedura di mobilità con l’istituto della mobilità, mentre oggi ha la NASpI, che è un ammortizzatore che aiuta il lavoratore licenziato. Anche in questo caso, però, c’è stata una decurtazione della tempistica: oggi la NASpI dura al massimo 2 anni, mentre prima se un lavoratore veniva licenziato e aveva 50 anni di età anagrafica, poteva avere tre anni di mobilità, tre anni di copertura per quanto riguarda l’ammortizzatore. Con il Jobs Act il ridisegno degli ammortizzatori sociali è stato un ridisegno a perdere per i lavoratori.
Come commentate la brutta tegola arrivata ieri della diminuzione dell’1,8% industriale?
Questo è un dato che non ci fa piacere e ci preoccupa, perchè quando c’è il segno meno significa che le aziende hanno venduto meno e probabilmente stanno investendo meno. E questo ha sempre una ricaduta in negativo sull’occupazione e sulla conferma dei lavoratori a tempo determinato e sulle nuove assunzioni. Per invertire questo segno negativo serve una politica che sproni le aziende ad investire soprattutto in alcuni settori che hanno un’incidenza occupazionale notevole. C’è una situazione incerta dal punto di vista politico che ovviamente non facilita un processo di questa natura.