Rinvio a giudizio massiccio all’udienza preliminare di Aemilia, il primo maxi processo contro la presenza dell’ndrangheta in Emilia Romagna. Tra i tanti nomi anche quello dell’ex calciatore campione del mondo Vincenzo Iaquinta.
L’ex attaccante della Juventus risponde della violazione di reati di armi, con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso. Poi ci sono gli imprenditori come Augusto Bianchini, per l’accusa responsabile di aver messo a disposizione della cosca Grande Aracri la propria azienda edile, e di aver così spalancato le porte degli applati pubblici della ricostruzione post terremoto all’ndrangheta emiliana.
Ma sono finiti nei guai politici dei territori di Reggio Emilia e Parma, imprenditori, poliziotti e giornalisti. La dimostrazione che le mafie sono da tempo radicate anche in Emilia, territorio che fino a pochi anni fa si credeva al riparo dal fenomeno, e che invece con questo processo ha dovuto bruscamente risvegliarsi.
“La ‘ndrangheta del nord è imprenditrice, e quindi è più difficile riconoscerla”, spiega Sabrina Pignedoli, giornalista del Resto del Carlino che subì minacce per i suoi pezzi sull’indagine e autrice del libro Operazione Aemilia. Come una cosca di ‘Ndrangheta si è insediata al Nord.