Il 21 dicembre un bambino usato come kamikaze si è fatto saltare in aria nel nord-est della Nigeria, uccidendo nove persone. In realtà i bambini erano tre, di una età compresa tra i dieci e i quindici anni e tutti con cinture esplosive. Erano stati fermati da alcuni poliziotti e il più piccolo ha azionato la sua cintura esplosiva uccidendo se stesso, i suoi due compagni e altre sei persone. Una trentina i feriti.
Non ci sono rivendicazioni ma le modalità e l’odiosa arma dei bambini usati come kamikaze è una firma inequivocabile, quella dei miliziani di Boko Haram che hanno perfezionato il sistema dei piccoli kamikaze. Nelle incursioni nei villaggi e nei quartieri marginali di città come Maidugori e Yola l’obiettivo è proprio quello di rapire giovani e bambini per farne combattenti o kamikaze involontari. Complici la miseria, l’analfabetismo, l’assenza cronica dello stato i miliziani di Boko Haram riescono a operare veri e propri lavaggi del cervello e a trasformare questi bambini in armi spietate, più efficienti dei robotdei droni e dei missili intelligenti.
Nelle incursioni di Boko Haram vengono rapite anche donne e ragazzine che sono diventate un sistema di finanziamento. Spesso vengono vendute come spose a facoltosi emiri, anche stranieri, di paesi del Maghreb o, addirittura, di paesi lontani come Afghanistan, Iraq o Siria, e comandanti locali del jihad, la guerra santa contro gli infedeli.
Ma l’efferatezza degli attacchi di questi ultimi tempi segna anche una forma di debolezza di Boko Haram che ha perso gran parte dei territori nei quali aveva dichiarato il suo Stato Islamico. L’esercito nigeriano sembra avere finalmente assunto l’iniziativa e ha ridotto le basi della setta all’interno della foresta.