Hillary Clinton è, con buona probabilità, la candidata dei democratici alle presidenziali 2016.
O almeno, questo è quello che pensa lei.
La cosa è apparsa chiara nel corso del dibattito televisivo tra gli sfidanti democratici a Manchester, New Hampshire – il secondo Stato dove si terranno le primarie, il prossimo 8 febbraio.
Più che concentrarsi sui rivali Bernie Sanders e Martin O’Malley – che l’hanno attaccata praticamente su tutto, sicurezza nazionale, politica estera, legami con Wall Street, armi – la Clinton ha infatti preferito riservare i suoi attacchi più sferzanti ai repubblicani, a Donald Trump in particolare, come se appunto la nomination democratica fosse già assicurata e si trattasse di guardare oltre, alla fase finale e più accesa della campagna.
Il dibattito di Manchester è stato preceduto da un episodio poco piacevole. Alcuni collaboratori del senatore Sanders sono stati accusati di aver violato i files elettorali della Clinton, durante un problema tecnico al database del Democratic National Committee, cui tutti i candidati hanno accesso. Dopo uno scambio piuttosto puntuto di accuse, ieri sera Sanders ha annunciato di aver preso dei provvedimenti contro i due presunti responsabili, e si è scusato con la Clinton. “Apprezzo le tue scuse – ha risposto la rivale -, ora andiamo avanti, perché queste son cose che non interessano agli americani”.
Più deciso è stato Sanders nell’attaccare la Clinton su politica estera e legami con la grande finanza. Sentendo probabilmente che il voto si avvicina e che le speranze di detronizzare la favorita si fanno sempre più esili, Sanders è andato all’attacco. “Il segretario di stato Clinton e io abbiamo una ragione importante di disaccordo: lei è molto più una fan del regime change di quanto sia io”, ha spiegato Sanders.
La Clinton ha risposto evidenziando le contraddizioni di Sanders: “Con tutto il rispetto, senatore, tu hai votato per il regime change in Libia. Hai votato per allontanare il colonnello Gheddafi, previa autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU”. Assestato il colpo al rivale, l’ex-segretario di stato ha continuato spiegando come sia necessario allontanare dal potere il presidente Assad. “”Penso sia vicino alla realtà dire che Assad ha ucciso circa 250 mila siriani”, ha scandito, ricordando di essere stata a favore dell’invio di armi ai ribelli siriani già anni fa, “per evitare un vuoto di potere”.
La contrapposizione tra i candidati si è ripetuta anche sulla questione dei rapporti con Wall Street e con il mondo della grande finanza. A una domanda del moderatore, che le chiedeva se “il mondo degli affari dovrebbe amare Hillary Clinton”, lei ha sorriso e risposto: “Tutti dovrebbero”. Poi ha continuato, ricordando di “voler essere un presidente per chi ha difficoltà, per chi lotta, per chi ha successo. Se la gente nel settore privato vuole essere parte della nostra economia, non c’è problema, diamogli la possibilità”.
Sanders ne ha approfittato per segnalare la sua “differenza”: “I CEO delle grandi multinazionali possono amare Hillary ma non amano me e Wall Street è destinata ad amarmi ancora meno”. Il senatore del Vermont ha poi spiegato che “ci sono alcune grandi corporations che che cercano di fare la cosa giusta ma l’ingordigia dei miliardari sta distruggendo la nostra economia e distrugge le vite di milioni di americani”. La risposta della Clinton è arrivata sul tema delle tesse – caro a molti elettori. “I tuoi piani per il college e la sanità gratuita sono completamente irrealistici, a meno di non alzare le tasse per coprire un aumento del 40 per cento della spesa federale”, ha detto, annunciando anche di non voler aumentare le tasse per le famiglie al di sotto dei 250 mila dollari di entrate annue.
E’ stato però, come si diceva, soprattutto il futuro, lo scontro che con ogni probabilità la Clinton dovrà affrontare con i repubblicani, a dominare la serata. L’ex-first lady ha cercato di rappresentare le prossime elezioni come uno scontro tra il suo approccio chiaro e ragionato alla sicurezza nazionale e l’incoscienza delle proposte repubblicane. “”Mi preoccupa molto il fatto che la retorica che viene dai repubblicani, in particolare da Donald Trump, possa mandare un messaggio ai musulmani qui negli Stati Uniti e nel mondo – ha spiegato – un messaggio su uno scontro di civiltà, su una sorta di complotto, o anche di guerra contro l’Islam, ciò che alla fine potrebbe alimentare le fiamme della radicalizzazione”. Senza appello è stata la condanna che la Clinton ha espresso delle idee di Trump: “E’ diventato il migliore tra i reclutatori dell’ISIS”, ha detto, alludendo alla proposta del magnate repubblicano di impedire ai musulmani l’entrata negli Stati Uniti.
Per il resto, la serata ha offerto una serie di informazioni importanti sullo stato delle primarie democratiche. La prima, e più importante, è che la Clinton agisce appunto, e parla, come la candidata ufficiale del partito alle elezioni. Se nella prima fase della campagna ha cercato di spostarsi a sinistra per intercettare le fasce più progressiste di elettorato, e sbarrare il passo all’ascesa di Sanders, ora la Clinton pensa alle elezioni generali, non più alle primarie democratiche, e quindi ricalibra il suo messaggio, si sposta al centro per catturare il voto degli indipendenti. Indicativo anche, a questo proposito, l’appello a una politica più intervista in politica estera: una posizione in sintonia con le preoccupazioni di larghi settori dell’opinione pubblica, che chiedono soprattutto un maggior coinvolgimento nella guerra contro l’ISIS.
Di contro, la serata in New Hampshire ha mostrato il probabile esaurimento della sfida di Sanders e O’Malley. Soprattutto Sanders non è riuscito ad approfittare dell’onda che nelle prima settimane ha sostenuto la sua campagna; lo “scandalo” della violazione dei dati elettorali della Clinton promette di creargli altri problemi. In nessun momento i due sfidanti sono sembrati davvero in grado di mettere in difficoltà la favorita. Che non se l’è presa quando O’Malley ha alluso al fatto che è troppo anziana per fare la presidente – 68 anni – che ha scherzato sul suo ruolo di “donna” presidente, affermando che continuerà a scegliere” fiori e servizi da tè della Casa Bianca” (compiti tradizionalmente riservati alle first-ladies).
Nella dichiarazione di saluto finale, Hillary Clinton si è anche presa la libertà di una battuta, che dà il senso della sicurezza con cui affronta il seguito della campagna. Alludendo al ritorno della serie di Guerre Stellari nei cinema – e al fatto che milioni di persone in questo week-end fossero più interessati alla saga che alla politica – la Clinton ha salutato con un “Grazie, buonanotte e che la forza sia con voi”.
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