Il referendum sulla Costituzione del 2016 sarà un referendum su Renzi. Adesso lo dice anche lui. Non in maniera così diretta. Ma abbastanza esplicita perché non ci siano dubbi:
“Il referendum costituzionale segnerà la storia di questa legislatura”.
Il presidente del Consiglio la vive come una sfida. Tutta la Leopolda del 2015 è stata pensata, strutturata e mandata in scena all’insegna della sfida. A cominciare dalla scelta della sceneggiatrice, la regista di un programma televisivo che si chiama “Sfide”. Fino ai brani musicali che sono stati proposti ossessivamente come colonna sonora. Non è stato un caso e si è visto.
“La nostra sigla è stata Go big or go Home” ha arringato Renzi che ha tradotto così:
“Vai alla grande o vai a casa. Noi siamo fatti così, pensiamo in grande”.
Renzi ha dovuto fronteggiare, per la prima volta da quando esiste la Leopolda, un’ attacco all’immagine sua personale, del Governo e dell’appuntamento fiorentino che è molto più di una assemblea di partito, è l’essenza della sua identità: il tentativo di coinvolgere il ministro Maria Elena Boschi, il simbolo della Leopolda, nel caso della truffa ai risparmiatori, in cui è coinvolta la Banca Etruria di cui il padre e il fratello della ministra sono stati, nel caso del padre, e sono ancora, nel caso del fratello, alti dirigenti.
“Chi pensa di strumentalizzare persone morte, personalmente mi fa schifo” ha risposto duro Renzi.
La manifestazione di protesta dei correntisti truffati è stata tenuta a qualche centinaio di metri dalla Leopolda. Una delegazione di manifestanti è stata ricevuta dal ministro dell’Economia, Padoan ma non da Renzi. Lui, dal palco si è difeso:
“Mai fatto nessun favoritismo e chi lo dice insulta persone perbene che non hanno merito di essere messe alla berlina. Potete dirci tutto ma non che c’è favoritismo in questo governo”.
Un passaggio anche su suo padre, sotto inchiesta:
“Sono fiero dei magistrati italiani e abbiamo grande solidarietà verso chi sfoga con allusioni e retroscena le proprie frustrazioni personali”.
Per Renzi, il caso delle banche è l’ostacolo maggiore, in questo momento, quello di cui preoccuparsi di più. Le divisioni e le incertezze dei suoi avversari, quelli fuori e quelli dentro il Partito Democratico, lo rendono più forte:
“Abbiamo vinto anche senza mettere le bandiere del Pd qui. Quelli che negli anni scorsi ci dicevano di mettere le bandiere nel frattempo se ne sono andati dal Pd”.
Ottimismo della volontà, immagine politica che è sostanza politica. Il discorso della Leopolda è il concentrato dell’ideologia di Renzi:
“Le cose possono cambiare se la rassegnazione sarà cancellata dal vocabolario della politica. La cosa straordinaria del 2015 è che le scommesse ardite possono essere realizzate”.
Se il referendum sulla Costituzione sarà il momento decisivo, quello su cui Renzi investirà tutta la sua forza chiamando il Pd alla mobilitazione delle “mille Leopolde” in tutta Italia, il primo snodo della legislatura secondo il presidente del Consiglio è stato l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Lui non lo ha detto ma quello è stato il momento in cui una fase, quella del “patto del Nazareno” si è conclusa e un’altra, quella del “Partito della Nazione” è iniziata. La fase che nei giorni della Leopolda ha fatto dire al sindaco di Firenze, Nardella, fedele interprete del pensiero di Renzi: “il Pd non è né di destra né di sinistra”.
“Siamo il Partito della Ragione -ha replicato Renzi dal palco ai critici- siamo l’unica alternativa al nichilismo”.
Mostra di non temere avversari. Si prende un’ovazione quando disprezza i sondaggi e urla che preferisce perdere un punto nei sondaggi e però recuperare i morti nel Mediterraneo.
Prima del referendum sulla Costituzione ci saranno le amministrative, prima ancora le difficili primarie del centrosinistra. Altri snodi politici.
“Non abbiamo bisogno di mancette e operazioni elettorali” dice.
Poi elenca i piani del Governo per il Sud, centrati su Napoli, dove si vota. E per il dopo Expo. E anche a Milano si vota e con un candidato renziano alle primarie che è il commissario di Expo, Giuseppe Sala. Del resto, lo aveva detto anche lui: “La Leopolda non è uno storytelling” rispondendo a chi mostrava perplessità per il format spettacolare esibito a Firenze.