Dai primi dati forniti dal governo e dal ministro dell’Economia Giovanni Tria si evidenza un “avvio” della flat tax a favore di Partite Iva, artigiani e piccoli imprenditori, finanziata con il taglio delle detrazioni fiscali su tutti i contribuenti (in stragrande maggioranza lavoratori dipendenti), l’incognita della copertura per aumentare il reddito di inclusione che il governo di Giuseppe Conte vorrebbe portare sopra i 700 euro (per 800mila persone) e della riforma dei centri impiego.
Ancora non si sa come non fare scattare l’aumento automatico dell’IVA il prossimo gennaio. L’analisi sui conti e gli annunci dell’economista Alessandro Santoro dell’Università Bicocca di Milano, intervistato oggi da Claudio Jampaglia a Giorni Migliori.
Le cose certe sono le famigerate clausole di salvaguardia di cui spesso si è parlato in questi ultimi anni perchè vengono utilizzate da tempo. Cosa sono queste clausole di salvaguardia? Sono delle norme che vengono messe nelle varie leggi di bilancio e che prevedono che in caso di sforamento degli obiettivi di disavanzo previsti, automaticamente scattino dei risparmi di spesa – è successo soltanto nel 2011 – oppure degli aumenti di imposte. Questo per il 2019 implicherebbe un aumento dell’aliquota IVA attualmente al 10%, che passerebbe all’11,5%, e dell’aliquota IVA attualmente al 22%, che riguarda circa il 70% delle transazioni e che passerebbe al 24,2%, per un gettito previsto per il 2019 di circa 13 miliardi di euro. Questo è quello che c’è attualmente e significa che se il governo non fa nulla, automaticamente dal 1° gennaio si passerà dal 10% all’11,5% ad esempio sui pranzi ai ristoranti o le consumazioni al bar e dal 22% al 24,2% su tutti quelli che sono i consumi di elettricità, di gas o dei vestiti. Nel programma di governo c’è scritto che queste clausole di salvaguardia verranno sterilizzate – i soldi si troveranno da altre parti – e questo può significare due cose: si trovano delle altre entrate e così il saldo finale rimane invariato oppure si fa aumentare il disavanzo e si rinuncia a un gettito, non coprendolo.
Finché non ci dicono come coprire lo scatto automatico della clausola di salvaguardia, non sappiamo come lo copriranno.
Sì, però mi sembra di poter dire che mentre Tria, sia da accademico che da ministro, non sarebbe sfavorevole a questo incremento dell’IVA per finanziare una riduzione delle imposte dirette dell’IRPET, politicamente è comprensibile che questo sia in viso alle forze politiche, perchè si tratta di un incremento molte forte e che ha un effetto immediato sui prezzi, generalizzato e abbastanza visibile.
L’avvio della cosiddetta flat tax sarà il portare le tassazioni al 15%, anche qui non è chiarissimo per chi
Si tratta della estensione di una misura che già esiste nel nostro ordinamento da più di 10 anni. Sembrerebbe che la maggioranza abbia intenzione di estendere la soglia e includere un numero maggiore di soggetti rispetto a quelli attualmente inclusi. Ovviamente questa manovra avrà un costo nell’ordine di qualche miliardo di euro, non le cifre da decine di miliardi che implicherebbe un’attuazione della cosiddetta flat tax nell’ipotesi elettorale.
Chi favorirà questo provvedimento?
Mettere un’unica aliquota Irpef favorirebbe moltissimo i redditi più elevati, un po’ meno i redditi medi e pochissimo i redditi bassi. Tutti i contribuenti Irpef e soprattutto tutti i lavoratori dipendenti, oltre i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori. Invece fare questa cosa favorisce per definizione soltanto i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori con rediti medio-bassi. Qui sta il problema: dove andare a trovare le risorse. Ritorna, e sono anni che se ne parla, la revisione delle cosiddette tax expenditures, cioè delle detrazioni che vengono concesse dal Fisco alla sanità, alle spese per i figli, le tasse universitarie, il sostegno alle Ong, le ristrutturazione edilizie e via dicendo, tutto quello che fa parte delle detrazioni e che fa sì che si paghi un’imposta netta molto inferiore. Tagliandole si colpiscono i lavoratori dipendenti. Se l’idea è colpire i lavoratori dipendenti per finanziare la riduzione delle imposte a favore esclusivamente dei lavoratori autonomi e dei piccoli imprenditori, sembra che dal punto di vista politico almeno per alcuni forze della maggioranza c’è un problema.
Reddito di cittadinanza. Tria ha spiegato che si tratta del reddito di inclusione più qualcos’altro.
Attualmente è prevista una spesa a regime di 3 miliardi di euro per il reddito di inclusione, arrivando a coprire circa 800mila nuclei familiari con circa 300 euro mensili in media. Se si vuole passare da questi 300 euro medi a una cifra più dignitosa, l’obiettivo sarebbe arrivare a 780-800 euro in media, ovviamente di miliardi bisogna tirarne fuori almeno altrettanti, almeno 4 miliardi diciamo. E trovare 4 miliardi di euro ogni anno sono una cifra ragionevole rispetto al reddito di cittadinanza, ma restano comunque una cifra significativa. C’è però l’altro tema, quello dei centri per l’impiego: questa una misura di welfare, una misura di sostegno al reddito condizionata che l’individuo partecipi ad un programma di reinserimento nel circuito lavorativo, già previsto e poco funzionante. Oggi spesso di prevede l’iscrizione a fantomatici corsi di dubbia utilità con centri per l’impiego che sono poco diffusi sul territorio e poco strutturati.
La manovra così com’è – anche se non ne sappiamo ancora abbastanza – è sostenibile e potrebbe venir appoggiata dall’Europa?
I numeri la collocano tra 20 e 25 miliardi di euro. Probabilmente è fattibile attraverso una trattativa con una Commissione Europea che è debole. Il problema non è la Commissione Europea, il problema è che noi abbiamo 400 miliardi di euro di titoli di debito pubblico che ogni anno vengono collocati sui mercati e qualcuno deve credere nel fatto che noi questi soldi li restituiremo. Anche se non ci fosse la Commissione UE, noi dovremo comunque darci delle regole per trovare qualcuno che questi titoli li sottoscriva. La grandezza politica e la capacità comunicativa dei partiti sovranisti a far credere che il problema del bilancio pubblico sia solo un problema di conflitto con le istituzioni europee cattive che ci mettono dei vincoli. Ma anche se queste non ci fossero, noi i vincoli li avremmo comunque, dobbiamo sempre andare a convincere i risparmiatori, le banche e le istituzioni finanziarie a comprare i nostri titoli del debito.
Per tornare alla domanda, con 20-25 miliardi di euro probabilmente si può fare, ma non sono molto convinto che questo sia compatibile con un calo del debito. Forse il debito potrebbe calare dello 0,1% o dello 0,2%, ma questo vuol dire che sostanzialmente rimaniamo a livelli fissi. Questo può anche essere ragionevole in questo momento e penso che potrebbe venir accettato dalla Commissione Europea. Il mio commento politico è che se mettiamo insieme queste cose per come appaiono ad oggi, direi che nel momento in cui si pensa a una manovra fiscale che favorisce i lavoratori autonomi e gli imprenditori e danneggia i lavoratori dipendenti si configura una classica manovra di destra.
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