C’è acqua allo stato liquido sotto la superficie di Marte. La scoperta senza precedenti è stata annunciata ieri dall’Agenzia Spaziale Italiana dopo anni di lunghe e intense analisi e ricerche di un team di 22 persone tutte italiane, impegnate almeno dal 2005 proprio nella ricerca di tracce di acqua liquida sotto la superficie del pianeta rosso.
Disma Pestalozza e Elena Mordiglia hanno intervistato oggi a Bam Bam Bam Enrico Flamini, Planetologo e coordinatore scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana nonché membro del team che ha effettuato la storica scoperta.
È stato un lavoro molto importante anche dal punto di vista dell’impegno personale, leggevo di un lavoro portato a termine anche grazie al supporto di ricercatori precari. Ci confermi?
Sì, intanto diciamo che il team che ha lavorato sull’articolo uscito ieri su Science è composto da 22 persone. Ci sono alcuni vecchietti come il sottoscritto e il mio carissimo amico Marcello Corradini e altri più giovani, anche qualcuno ancora precario. È una dinamica che capita spesso nella ricerca, si passa attraverso una fase di precariato iniziale e in parte è anche fisiologica. Certo, a volte però dura un po’ troppo.
Raccontaci un po’ il nocciolo della scoperta: acqua allo stato liquido con dei sali minerali sotto la superficie di Marte. Qual è il lavoro che avete fatto e qual è l’importanza della scoperta.
Mettiamola così. Che l’acqua fosse stata abbondante in passato su Marte lo avevamo già capito dai dati dei Viking. Che uno o due miliardi di anni fa Marte fosse un pianeta con laghi o oceani in superficie lo sapevamo. Il punto è che dagli anni dei Viking si è cominciato a dire: “Ma c’era tanta acqua, che fine ha fatto?”. Molte è rimasta intrappolata nelle calotte polari, un’altra parte, quella gassosa, è stata portata via dal vento solare. Ma altra deve essere rimasta intrappolata nelle grotte sottoterra, nelle faglie, proprio come è sulla Terra. Il discorso dell’analogia è anche il motivo per cui si fanno corsi di geologia o speleologia anche per chi fa scienze spaziali. Cominciando a pensare, sposammo immediatamente l’idea del professor Picardi, che era quella di modificare e fare un nuovo tipo di radar che andasse a lavorare su frequenze molto basse, quindi capaci di penetrare molto in profondità, e cercare di vedere se sotto alla superficie, diciamo dai 500 metri in giù, era possibile trovare acqua.
È stato un lavoro lunghissimo, perchè è dal 2005 che abbiamo iniziato ad accumulare dati. Abbiamo iniziato ad avere qualche sospetto – perchè poi bisogna coprirlo tutto Marte, è grande come tutti i continenti della Terra messi insieme come superficie – e quando finalmente il satellite Mars Express è passato sopra a questa zona abbiamo cominciato ad avere un bel segnale forte di riflesso. E lì ci è scattata la lampadina: “Andiamo a vedere!”. Quella zona era molto promettente, ce ne sono anche altre, ma quella era particolarmente interessante. E quindi abbiamo iniziato ad accumulare ancora più dati man mano che il tempo passava e che altre orbite passavano su quest’area. Abbiamo capito che dovevamo cambiare il software di bordo per poter analizzare dei dati grezzi e non dei dati compressi, perchè altrimenti ci avrebbe nascosto un po’ tutto, e alla fine tre-quattro anni fa abbiano iniziato a vedere che le cose si stavano inquadrando in maniera corretta.
Abbiamo anche fatto una serie di esperimenti di laboratorio su materiali similari per vedere quanto sale poteva esserci per mantenerla liquida e alla fine ecco il risultato di oggi.
Sì, parliamo di un lago di acqua liquida a un chilometro e mezzo di profondità con un quantità di sali disciolti, forse simili a quelli che si trovano in altre parti su Marte.
Ed è piuttosto grande, 20 chilometri di diametro.
È più grande del lago di Bracciano, che sta vicino Roma e che conosco molto bene. Anche se non dovesse essere molto profondo – sappiamo che è più profondo di qualche metro, ma il radar non si può dire di più – sarebbe comunque molta molta acqua.
Se c’è dell’acqua, quindi, ci potrebbe essere della vita. Questo lago ha i requisiti per ospitare forme di vita oppure no?
A priori direi di sì. Abbiamo acqua liquida, abbiamo sali, abbiamo il contatto tra acqua e materiali rocciosi sotto la superficie, ovvero la possibilità anche di acquisire altri minerali dalla natura circostante. È coperto da 1.500 metri di materiale sopra, completamente schermato dalle radiazioni ionizzanti che su Marte sono molto forti perchè non avendo campo magnetico non ha nessuno scudo contro il vento solare e altri tipi di radiazioni. Quindi direi di sì, sono delle condizioni che a priori possono essere favorevoli a mantenere o aver sviluppato forme di vita.
È una scoperta epocale. Non siamo mai stati così vicini a poter dire con questa probabilità che ci sia una forma di vita aliena.
Sì, io sono sempre molto cauto su questo, perchè poi purtroppo noi non conosciamo il momento in cui si passa da forme organiche molecolari o organiche complesse a forme di vita. Questo passaggio lo conosciamo e lo maneggiamo poco, però se da qualche parte ci possono essere questi tipi di ambienti liquidi e ben riparati sotto a una calotta di ghiaccio, sembrano ad oggi essere degli ambienti favorevoli.
Quali sono i prossimi passi della vostra ricerca?
Un conto è la direzione delle ricerche che continueremo a fare con Marsis, perchè a questo punto cominciamo a vedere se gli altri sospetti che abbiamo qua e là sulla superficie possono essere effettivamente altri posti in cui c’è acqua. In parallelo a questo aspettiamo il ritorno della sonda InSight della NASA a fine anno, che ci dirà se Marte è un pianeta ancora attivo all’interno, e quindi quanto può essere caldo all’interno, e poi c’è ExoMars nel 2020 che con la nostra trivella a bordo perforerà fino a due metri. Se troviamo qualcosa lì nel ghiaccio, anche in quel caso ben schermato dalle radiazioni, a quel punto ExoMars ha uno strumento in grado di vedere la vita se c’è. È uno strumento fatto proprio per capire se ci sono forme di vita.