Quasi 45 milioni di cittadini hanno diritto di voto per il rinnovo di tutti i Consigli regionali della Francia metropolitana, compresa la Corsica, oltre che delle Assemblee dei territori d’Oltremare (tranne l’Ile de Mayotte). Una tornata amministrativa, locale, che però nei fatti assume una valenza politica nazionale ed europea: perché si svolge in un clima fortemente condizionato dagli attentati del 13 novembre; perché, trattandosi dell’ultima consultazione prima delle Presidenziali 2017, sarà la prova generale dei rapporti di forza per la corsa all’Eliseo; perché potrebbe sancire la fine definitiva del bipolarismo socialisti-destra repubblicana, che si sono alternati al governo del Paese e dei suoi principali enti locali dal Dopoguerra in poi.
Un dato su tutti: l’estrema destra del Front national non ha mai guidato alcun Consiglio regionale. Gli ultimi sondaggi prima del voto (Le Monde/Ipsos/Sopra Steria e Odoxa, 3 dicembre) danno la formazione guidata da Marine Le Pen in testa, al primo turno, in sei regioni su 13 e primo partito su base nazionale con un 30 per cento di consensi.
Le forze in campo
Dopo l’interruzione della campagna elettorale, sospesa per almeno dieci giorni in seguito agli attacchi di Parigi, i temi che hanno polarizzato il dibattito pubblico sono stati la sicurezza nazionale, la chiusura delle frontiere, la militarizzazione della polizia, la lotta ai terroristi, la guerra al terrorismo e le critiche al modello d’integrazione francese. Il clima di unità nazionale sembra essere durato poco.
François Hollande, che non è mai stato molto popolare, ha guadagnato consensi per la sua condotta presidenziale dopo gli attentati. Un balzo di 22 punti percentuali che gli consegna il gradimento, inedito, del 50 per cento dei francesi. Ma non è per nulla scontato che l’appoggio al presidente, inteso come simbolo dello Stato e dei suoi princìpi repubblicani, si traduca nelle urne in uno spostamento di voti verso il suo partito. Anzi, la variabile dell’astensione potrebbe penalizzare soprattutto i socialisti, poiché con la proclamazione dello Stato d’emergenza, il piano di revisione della Costituzione e la stretta securitaria sulle libertà civili, Hollande ha introdotto quelle misure che le destre cavalcavano da tempo e che parte del tradizionale elettorato della gauche non approva.
I socialisti mettono in campo personalità politiche di primo piano nel tentativo di evitare il tracollo in un’elezione di metà legislatura che, anche in tempi di pace, non è mai favorevole al potere in carica. Ci mettono la faccia, per esempio, il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, che è capolista nell’unico feudo dove il Ps guida i sondaggi della vigilia, la Bretagna; Claude Bartolone, presidente dell’Assemblée nationale, è candidato nella regione parigina (l’Ile de France), dove invece l’esito è assai incerto.
Il partito socialista, stando ai sondaggi, non dovrebbe superare il 22 per cento a livello nazionale. Un arretramento che dovrebbe concretizzarsi nella perdita di diverse regioni. Del resto, secondo la vecchia ripartizione amministrativa, l’Union de gauche negli ultimi sei anni controllava 20 regioni su 22. Un risultato che appare irripetibile.
In alcune competizioni, al secondo turno, per i socialisti potrà rivelarsi decisivo – se ci sarà – il soccorso delle liste più a sinistra, il Front de gauche e Europe-Ecologie-Les Verts che, nel complesso, rappresentano poco più del 10 per cento degli elettori.
Nicolas Sarkozy, tornato al centro della scena politica dopo la sconfitta del 2012 per un secondo mandato all’Eliseo, come capo dell’opposizione di centrodestra rischia di ritrovarsi schiacciato tra il nazionalismo populista di Marine Le Pen e il profilo patriottico del presidente Hollande.
La sua coalizione, formata dai Républicains e da altri partiti centristi minori, nell’ultimo sondaggio Odoxa si attesterebbe comunque attorno al 29 per cento a livello nazionale, come seconda forza politica. Le intenzioni di voto danno l’Union de Droite in testa al primo turno in cinque regioni. Anche in base al risultato di queste amministrative, le ambizioni presidenziali di Sarkozy si potranno misurare con la realtà.
Ultimo ma non certamente ultimo il Front national che, stando ai sondaggi, dovrebbe riuscire a strappare almeno due regioni e che è competitivo ovunque. Un risultato di per sé senza precedenti. Se da un lato il sistema elettorale a doppio turno potrebbe limitare il numero di regioni conquistate, dall’altro l’ondata populista che si annuncia segnerà il vero dato politico – e sociale – di queste elezioni: la non-chalance, mai vista prima, con cui un terzo degli elettori della République, cuore pulsante dell’Europa, si affida alla destra estrema. “Gente comune” – commercianti, imprenditori, allevatori, impiegati, classe ouvrière – espressione di una Francia bianca, di provincia, che si aggrappa alle tradizioni, che rivenca di “incarnare il vero spirito del popolo”, che è stata investita dalla crisi, che da tempo non si sente più rappresentata dai poteri politici della Quinta repubblica, che mal sopporta la moneta e le istituzioni europee e che pretende, come se fosse un diritto di nascita, di avere la precedenza sugli “altri” cittadini francesi, per non parlare dei nuovi immigrati.
Una volta estromesso per sempre il capostipite Jean-Marie, la famiglia Le Pen oggi si presenta al gran completo: nella regione Nord-Pas de Calais-Picardie con la leader Marine, nel Languedoc-Roussillon et Midi-Pyrénées con il suo compagno (e consigliere uscente) Louis Aliot e in Provence-Alpes-Côte d’Azur con la nipote ventiseienne Marion Maréchal. Tre regioni dove il peso del Front national è stimato dal 34 al 40 per cento.
Il sistema di voto
I nuovi Consigli regionali rimarranno in carica per sei anni. Si vota per la prima volta dopo la riorganizzazione amministrativa che ha accorpato le regioni metropolitane, riducendole da 22 a 13. Il meccanismo elettorale resta invariato, cambia soltanto il numero dei consiglieri e la loro distribuzione territoriale. Al primo turno vince la lista che dovesse ottenere la maggioranza assoluta. Se questo non avverrà, hanno diritto al secondo turno di domenica 13 dicembre le liste che avranno superato il 10 per cento dei consensi. Al ballottaggio non è richiesta la maggioranza assoluta: la lista che raccoglie più voti governa.
Lo scenario più probabile è quello della triangulation, che in molte regioni vedrà accedere al secondo turno le tre forze principali. Per l’esito finale, quindi, tutto dipenderà dalle scelte, non scontate, che potranno essere negoziate caso per caso dai partiti.
Tre le opzioni possibili laddove il Front national uscisse in vantaggio dal voto di oggi:
- La terza formazione rinuncia a presentarsi e chiede ai suoi elettori di astenersi o di “desistere” per favorire la seconda.
- Il partito socialista e la destra repubblicana fanno confluire i voti in un unico fronte anti lepenista, ma nessuno dei due avrebbe interesse a farlo in vista del 2017.
- Destra repubblicana e socialisti restano separati e vanno alla conta, al massimo puntando sul sostegno di liste minori escluse dal ballottaggio.
I sondaggi della vigilia, regione per regione
(Fonte: Ipsos/Sopra Steria per Le Monde)
Le previsioni riguardano le 12 regioni della Francia continentale.
FN-Front national; UD-Union de Droite (Les Républicains-centrodestra); UG-Union de Gauche (Parti Socialiste-centrosinistra).
Alsace, Champagne-Ardenne et Lorraine
FN 35%
UD 29%
UG 16%
Aquitaine, Limousin et Poitou-Charentes
UD 29%
UG 27%
FN 26%
Auvergne et Rhône-Alpes
UD 32%
FN 29%
UG 23%
Bourgogne et Franche-Comté
FN 32%
UD 24%
UG 22%
Bretagne
UG 29%
UD 24%
FN 22%
Centre et Val de Loire
FN 31%
UD 29%
UG 22%
Ile-de-France
UD 32%
UG 23%
FN 21%
Languedoc-Roussillon et Midi-Pyrénées
FN 34%
UG 23%
UD 20%
Nord – Pas-de-Calais et Picardie
FN 40%
UD 25%
UG 20%
Basse-Normandie et Haute-Normandie
UD 31%
FN 31%
UG 20,5%
Pays de la Loire
UD 32%
UG 27%
FN 25%
Provence-Alpes-Côte d’Azur
FN 40%
UD 30%
UG 16%
Radio Popolare seguirà i primi risultati in diretta questa sera dalle 19.45 alle 20.30.