Un accordo per la Libia in otto punti. Lo hanno firmato a Parigi i quattro rappresentanti delle istituzioni in cui è diviso il Paese: il premier Fayez al-Sarraj, il generale Khalifa Haftar, il presidente della Camera Aguila Saleh e del Senato Khaled al-Mishri.
L’accordo prevede elezioni il 10 dicembre di quest’anno e l’approvazione di una Costituzione e una Legge elettorale entro settembre e da subito la riunificazione della Banca Centrale.
Alla conferenza di Parigi, voluta dal Presidente francese Emmanuel Macron, hanno partecipato 19 Paesi influenti sulla crisi libica, tra i quali l’Italia ed i cinque Paesi membri del Consiglia di Sicurezza dell’ONU.
Il summit si è svolto sotto l’egida dell’ONU, ma il vero attore è stato la diplomazia francese. L’accordo è sicuramente un passo in avanti rispetto alla situazione di stallo precedente, raggiunta nell’incontro di al-Sarraj e Haftar a Parigi nel luglio 2017.
Manca però lo strumento attuativo sul territorio. In Libia non c’è un esercito né forze di sicurezza nazionali unanimemente riconosciuti. E i rappresentati delle milizie esclusi dalle trattative hanno pubblicato un comunicato parlando di interferenze esterne e faranno di tutto per impedire lo svolgimento delle elezioni.
La diplomazia italiana, infastidita dall’ottimismo francese, è rimasta con il cerino in mano.