Ricordate Pappa e ciccia? Tra il 1990 e il 1998 è andata in onda su Canale 5, e ha continuato a essere trasmessa in replica negli anni a venire, a diversi orari e su diversi canali Mediaset: come in altri casi il doppiaggio era tutt’altro che fedele alla versione originale, a cominciare dal nome della protagonista, ribattezzata qui da noi Annarosa, ma Roseanne negli Stati Uniti. Roseanne era anche il titolo originale della sitcom, nonché il vero nome di Roseanne Barr, l’attrice protagonista.
In Italia era ed è certamente più noto John Goodman, l’interprete dell’uomo di casa Dan, ma Roseanne Barr, cui era stata proposta la serie dopo una folgorante apparizione al talk show di Johnny Carson, diventò in breve tempo tra le donne più potenti di Hollywood. E Roseanne, la serie, una delle più viste, amate e discusse: prima di tutto perché, a differenza della maggior parte della tv, metteva in scena una famiglia operaia, i cui problemi riguardavano frequentemente questioni molto vicine al pubblico, come la difficoltà di pagare le bollette o la paura di restare senza lavoro. Inoltre, Roseanne Barr e i suoi sceneggiatori non avevano paura di affrontare, in una sitcom teoricamente leggera e con le risate registrate, temi delicati come l’aborto, i diritti delle donne, l’omosessualità.
Nel 2018, insieme a tanti revival di serie più o meno storiche, è tornata anche lei, Pappa e ciccia, con l’intero cast originale, e ha acceso di nuovo un dibattito furente. Perché in vent’anni sono cambiate molte cose, ma più di tutto è cambiata lei, Roseanne Barr, che oggi è una delle più agguerrite sostenitrici di Donald Trump. Anche Roseanne Conner, il personaggio che interpreta in Pappa e ciccia, è un’elettrice di Trump, una scelta che, al di là delle convinzioni politiche di Barr, è estremamente coerente: la famiglia protagonista della serie, che vive in una cittadina dell’Illinois, appartiene a quel sottoproletariato bianco in grave difficoltà economica che spera che il presidente possa make America great again.
Il nuovo Pappa e ciccia ha segnato record d’ascolti straordinari, al punto che The Donald in persona ha telefonato a Roseanne Barr per complimentarsi e ha ribadito più volte il suo apprezzamento per lo show. Commentatori e critici si sono scatenati producendo un’enorme mole di articoli, cercando di capire se lo show sia un’irricevibile propaganda pro Trump, un tentativo di normalizzare con la buffa leggerezza della commedia un’ideologia pericolosamente razzista e discriminatoria. Ma, cercando di guardare il revival (che è scritto e prodotto in gran parte da autori liberal) da una certa distanza, ci si accorge che dipinge un quadro complesso: la famiglia Conner è vasta e variegata, raccoglie diverse opinioni politiche, ma soprattutto dà l’idea di essere sconfitta dalla vita, e internamente divisa, assomigliando davvero, ancora, a chissà quante famiglie americane, e forse all’America stessa.
Sono se mai i limiti della situation comedy – puntate brevi, risate registrate, la necessità di essere immediati e chiari – a farne un prodotto semplicistico. Ma comunque interessante, e chissà che non sia anche in grado di scalfire qualche granitica certezza.
*giornalista per Film TV.