Philip Roth è morto a 85 anni in una clinica di Manhattan, circondato dai suoi amici, per un infarto, come ha detto il suo agente.
Aveva iniziato la sua carriera di scrittore come uno dei casi e degli scandali più clamorosi della letteratura americana e l’ha conclusa nel silenzio, con un ritiro dalla scrittura che lui, superati gli 80 anni, aveva imposto e che aveva sempre rispettato.
Philip Roth ha raccontato almeno 50 anni di storia americana attraverso questioni come il desiderio sessuale maschile, la morale, la mortalità, la sua identità inquieta, davvero inquieta, di ebreo americano.
Successo e polemiche hanno accolto il suo primo libro, “Goodbye, Columbus“, nel 1959, che raccontava gli ebrei americani dei sobborghi, una middle class spezzata tra assimilazioni e inquietudini. Un libro che gli guadagnò l’epiteto di “ebreo che si odiava e che odiava i suoi simili“.
Poi ci fu il “Lamento di Portnoy“, con un protagonista erotomane, nevrotico e morbosamente attaccato alla madre, in un monologo fiume al suo analista. Altro libro indimenticabile, divertente e disperato, altro scandalo letterario che consolidò la fama di Roth. Poi ci fu la creazione di alter ego letterari, in particolare Nathan Zuckerman che appare ne “Lo scrittore fantasma” e poi ritorna nel ruolo di narratore o di protagonista nella grande trilogia americana – “Pastorale americana“, lo stupendo e commovente “Ho sposato un comunista” e “La Macchia Umana” – per uscire di scena poi in “Exit Ghost” nel 2007.
Attraverso Zuckerman, Roth esplora i temi della fama, della letteratura, delle costruzione del mito americano. È stato un autore al centro di molte polemiche anche sulla sua vita privata, ad esempio quelle con la moglie Claire Bloom che poi lo lasciò. Un’attrice inglese che Philip Roth sposò e che lei lasciò con accuse anche di crudeltà psicologica. Accuse che poi gli hanno sempre precluso – o almeno questa è una delle tesi più affermate – il Nobel per la letteratura.
È stato un autore che ha magistralmente eretto la biografia ad arte, a strumento per conoscere il Mondo. Negli ultimi anni si era ritirato nella sua casa in Connecticut. Aveva detto in un’intervista recente di avvicinarsi alla morte con uno spirito positivo e che invecchiare era come scommettere ogni giorno, vivendo ogni giorno di più e quindi vincere anche contro le aspettative fino all’entrata nella temibile valle delle ombre.