La battaglia per mantenere aperta la Casa Internazionale delle donne di Roma approda in Senato, dove alcuni parlamentari si sono impegnati a presentare una mozione a sostegno di uno dei luoghi storici per i diritti delle donne e per i servizi di consulenza e assistenza sanitaria rivolti a donne e ragazze.
È un confronto ormai lungo quello tra il Comune di Roma e la Casa delle donne: l’amministrazione chiede il pagamento di affitti arretrati ammontanti a circa 800 mila euro, un’enormità visto che una somma così ingente le donne che gestiscono la struttura non l’avranno mai, la Casa internazionale propone invece di sottrarre da questo importo il valore dei servizi resi alla cittadinanza, alle donne italiane e straniere, che può essere calcolato nell’ordine di circa 500 mila euro. Questa può essere considerata la sostanza “ragionieristica” della diatriba, ma sullo sfondo c’è molto di più.
Si tratta del significato storico e sociale della Casa Internazionale delle donne, da molti anni situata a Trastevere, in un bellissimo ex convento, nel complesso monumentale del Buon Pastore, sul lungotevere. Fin dal ‘600 questo luogo era un reclusorio femminile, cioè il carcere minorile e femminile, tanto che la strada che passa accanto si chiama “Via delle penitenze”. Era stato abbandonato negli anni ’80 e qui le donne trovano una sede quando vengono sfrattate da un altro luogo simbolo delle battaglie degli anni settanta: il centro in via del Governo Vecchio.
Conteso anche dal Vaticano, le donne per circa 15 anni occupano la struttura, svolgendo le loro attività, fino a quando con la Giunta Rutelli la loro permanenza viene ufficializzata e il sindaco firma un contratto con la Casa internazionale delle Donne che diventa un consorzio di associazioni. Non è solo la sede di associazioni importanti, svolge un servizio fondamentale di assistenza medica e legale. Un luogo di cultura, incontri e iniziative.
Negli ultimi dieci anni era stato trovato un accordo per una sorta di rateizzazione degli affitti arretrati, fino a quando l’anno scorso è arrivata l’ingiunzione di pagamento e la minaccia di uno sfratto. Da mesi la Casa ha organizzato una mobilitazione continua chiedendo un accordo, ci sono stati vari incontri con le assessore, compreso uno questa sera, ma non ci sarebbero stati passi avanti. Per questo si arriva alla proposta di una mozione in Parlamento, nella quale si chiede attenzione per questo caso, ma più in generale per ruoli e luoghi significativi per la cultura in città, sperando che non siano considerati semplicemente strutture da cui trarre profitto, con la minaccia sempre incombente di uno sfratto.
Questa sera un incontro tra le donne della Casa e le assessore della Giunta Raggi, fuori dal Campidoglio per sostenere questa battaglia ci sarà un sit in.