Riaprire le indagini sulla morte di Aldo Bianzino. A chiederlo è il figlio Rudra: suo padre morì nel carcere di Perugia Capanne il 14 ottobre 2007 48 ore dopo esser stato arrestato. L’elemento di novità che potrebbe portare a una svolta sono due perizie, realizzate da consulenti medici della famiglia, da cui emerge una nuova verità sulle lesioni trovate sul corpo di Bianzino.
L’uomo fu arrestato nel casale di campagna in cui viveva con la famiglia il 12 ottobre 2017, dopo una perquisizione che rivelò l’esistenza di una piccola coltivazione di marijuana. La moglie, fermata con lui, venne scarcerata il giorno dopo.
Nel corso di questi 11 anni, i processi che si sono susseguiti hanno portato alla condanna definitiva di un agente di polizia penitenziaria per omissione di soccorso e all’archiviazione del procedimento per omicidio volontario a carico di ignoti, poiché la causa della morte sarebbe stata ricondotta alla rottura di un aneurisma cerebrale.
Secondo le nuove perizie, a causare la morte di Bianzino fu effettivamente un’emorragia. Provocata però non da un aneurisma, ma da un evento traumatico. E la lesione al fegato, che finora gli esperti avevano attribuito alle manovre di rianimazione, sarebbe contemporanea all’altra, e quindi incompatibile con la versione finora acquisita.
A spiegarlo oggi in conferenza stampa i familiari di Bianzino, con i senatori Luigi Manconi e Luigi Zanda e con l’associazione “A buon diritto”.
Abbiamo intervistato Rudra Bianzino, figlio di Aldo:
Per quanto riguarda me come figlio e come cittadino italiano, credo di vivere in un Paese fondato sui diritti e sulla democrazia e trovo imprescindibile che una storia come quella di mio padre, e come quella di molti che la cronaca recente ci sta raccontando, non debba avere nessun punto oscuro o comunque motivazioni per le quali poi nutrire dubbi verso l’accaduto e verso le istituzioni stesse e tutto il sistema giudiziario. Io sto portando avanti questa richiesta sulla scorta di importanti analisi ed evidenze medico-legali che vanno a smentire la testi sulla quale si basava l’archiviazione del processo per omicidio volontario fatta nel 2009.
Ci sono delle nuove perizie che sono state eseguite sulla base della richiesta dei legali della famiglia – dei vostri legali – e queste perizie sembrerebbero avvalorare la tesi di lesioni, cioè di un’emorragia provocata non da un aneurisma, ma da un evento traumatico. È così?
Durante il dibattimento di secondo grado per il processo riferito all’omissione di soccorso e omissione di atti d’ufficio, è emerso – l’ho scoperto dai miei assistenti medico-legali – che l’aneurisma per il quale si avallava il fatto della morte naturale – la foto con tanto di cerchietto rosso dove si asseriva in didascalia che si si trattava dell’aneurisma del signor Bianzino – non era assolutamente una foto di un aneurisma né era riferibile in alcun modo ad un evento naturale. Il secondo punto è che sulla lacerazione al fegato, perchè stiamo parlando anche di una lacerazione al fegato che è stata spiegata come la conseguenza di un massaggio rianimatorio, è stata palesemente smentita l’eventualità che questa lacerazione potesse esser stata provocata da un massaggio rianimatorio. Già al tempo, in ogni caso, è emerso che la lacerazione del fegato tramite massaggio cardiaco aveva una possibilità di manifestarsi dallo 0 al 2% nella letteratura medico-scientifica.
Lei era molto giovane quando è morto suo papà, aveva se non sbaglio 14 anni.
Esattamente
Che ricordo ha di suo padre?
L’ultimo ricordo che ho di mio padre è l’abbraccio che gli ho dato immerso nelle lacrime prima che lo portassero via. Se le devo dire onestamente è come se in qualche modo la mia coscienza in qualche modo sapesse che quello era l’ultimo abbraccio che potevo dare a mio padre.
Suo padre per cosa è stato portato via?
È stato portato via perché a seguito di una perquisizione sono state rinvenute alcune piante di canapa. È stato portato via insieme a mia madre nonostante lui fin da subito si fosse assunto tutta la responsabilità del caso. Sono stato lasciato da solo con mia nonna di 91 anni in un casolare lontano da tutto nell’Appennino umbro-marchigiano.
Che speranza ha lei adesso?
La mia speranza intanto è di ottenere la verità e la giustizia. Siamo in un Paese che si vanta di essere democratico in uno stato di diritto. Io come ragazzo di 24 anni in tutta questa vicenda che sto riaprendo e sto chiedendo di riaprire con delle evidenze molto forte, mi sento come se mi sostituissi in qualche modo ad un normale svolgimento del procedimento giudiziario. Queste cose non dovevano emergere adesso su mia volontà perchè c’erano molti aspetti che non mi tornavano, a maggior ragione quando è la stessa istituzione ad essere chiamata in causa.