Un bel Palmarès, uscito da una bella giuria, in prevalenza femminile e presieduta da Cate Blanchett.
La Palma d’Oro al giapponese Kore-Eda Hirokazu è per un film delicato sui legami d’affetto famigliari reinventati, più importanti di quelli di sangue o per legge. Affari di famiglia è garbato, anche con i due bambini protagonisti.
L’Italia esce a testa alta, con il premio come miglio attore per Marcello Fonte, il protagonista di Dogman di Matteo Garrone e la miglior sceneggiatura ad Alice Rohrwacher per Lazzaro felice; in ex aequo con 3 faces di Jafar Panahi, il regista iraniano ancora sotto sequestro nel suo Paese.
Da aggiungere tra i premi italiani anche il miglior documentario per La strada dei Samouni di Stefano Savona e l’Europa Label per Troppa grazia di Gianni Zanasi, nella Quinzaine des Realizateurs.
Il Grand Prix a Spike Lee, per BlacKkKlansman il suo film importante e con taglio da intrattenimento che denuncia con fermezza il razzismo, tema sempre attuale in tutto il mondo.
Giusto il premio alla regia per Cold war di Pawel Pawlikowski e il Premio Speciale inventato appositamente per Jean-Luc Godard, per qualcuno che ha ridefinito e mandato avanti la cinematografia. Il Premio della Giuria è stato consegnato alla regista Nadine Labaki e al suo film Capharnaum dedicato all’infanzia abbandonata. Un tema ricorrente in questa settantunesima edizione, anche nel film kazako Ayka di Sergej Dvortsevoy, che ha portato il premio come miglior attrice alla protagonista Samal Yeslyamova.
Diario da Cannes 71 – #10: applausi per Garrone
È stato accolto da un’ovazione in conferenza stampa, Marcello Fonte, il protagonista di “Dogman”, che interpreta liberamente er Canaro nel film di Matteo Garrone; più dieci minuti di applausi alla proiezione ufficiale.
“Un personaggio che trasmette dolcezza e che rimane intrappolato nell’incubo di un altro”. Descrive così Matteo Garrone il suo protagonista, mosso da un desiderio di giustizia e non di vendetta; incapace di usare la violenza, che nel film viene trasmessa in modo più psicologico che splatter.
Garrone trova corretto il divieto del suo film ai minori di quattordici anni e ci tiene a ribadire, anche per non incorrere in questioni legali, che “Dogman” non è la storia vera del Canaro.
Quasi alla fine del concorso di Cannes 71, l’attesa è per il “Capharnaum”, il film di Nadine Labaki; terza regista donna in concorso su cui tutti gli occhi sono puntati.
Diario da Cannes 71 – #9: Dogman di Garrone
Matteo Garrone è tornato a Cannes a tre anni dal “Racconto dei racconti”. Il suo nuovo film, già da oggi al cinema, è molto liberamente ispirato alla storia crudele e sanguinaria del Canaro. “Dogman” è ambientato alla Magliana, quartiere degradato di Roma e noto per la banda criminale che prende il suo nome e la storia prende spunto da quella nota, avvenuta nel 1988, quando Pietro De Negri detto er Canaro attirò nel suo negozio di toelettatura per cani il socio in malaffari ed ex pugile Giancarlo Ricci.
Matteo Garrone si concentra su luci, atmosfere livide, ricostruzioni da favola nera e costruisce un personaggio che, grazie alla bravura di Marcello Fonte è una specie di Candide o Buster Keaton, capace anche di gesti efferati.
In corsa per la Palma d’Oro, Garrone dovrà vedersela con Stephane Brizé, che ha commosso tutti con “In guerra”. Ancora un film sul lavoro, come “La legge del mercato” che nel 2015 fece trionfare il protagonista Vincent Lindon come miglior attore; e che rischia di fare il bis nei panni di un rappresentante sindacale in lotta per evitare il licenziamento dei lavoratori, a causa dell’assorbimento dell’azienda da parte di un gruppo tedesco.
Una storia comune che non passerà inosservata.
Diario da Cannes 71 – #8: il giorno di Spike Lee
Atteso e più che riuscito il film in concorso di Spike Lee BlacKkKlansman. Un vero atto d’accusa al razzismo negli Stati Uniti e in tutto il mondo, in forma cinematografica. Confezionato con gli elementi sia dell’intrattenimento: ironia, uno stile apparentemente leggero, la musica black anni ‘70; ma anche con tutte le caratteristiche del cinema politico.
La storia vera del poliziotto nero infiltrato nel Ku klux Klan all’epoca della guerra in Vietnam e dei movimenti per il black power è il paradigma per leggere l’oggi.
Lo spiegano anche le immagini con le aggressioni dei suprematisti bianchi contro i neri in Virginia nell’estate del 2017.
“C’è un tipo che non voglio nemmeno nominare, seduto alla Casa Bianca che non ha saputo dire una parola nella giusta direzione”. Ha detto Spike Lee a Cannes, riferendosi a come Trump non abbia mai condannato i gruppi razzisti e abbia accettato il loro sostegno. Inoltre ha insistito sul fatto che questa storia non riguarda solo l’America, “ma che rappresenta un problema globale che coinvolge tutti i paesi. Pensate a come vengono trattati in tutto il mondo i musulmani e i migranti“, ripete Spike Lee.
Diario da Cannes 71 – #7: uniti contro le molestie
È stato un momento importante in questo Festival di Cannes il primo incontro tra tutti i movimenti contro le molestie e per la parità di trattamento sul lavoro tra donne e uomini.
Una firma siglata tra i direttori di festival per impegnarsi ad aumentare la presenza di donne in ruoli rappresentativi, fino a portarla al 50X50 nel 2020. Presenti le italiane di Dissenso Comune guidate da Jasmine Trinca, le inglesi di Time’s Up, le americane di Me Too, le spagnole e molte altre delegazioni.
In concorso un altro bel film del giapponese Kore-Eda Hirokazu, noto per i suoi film dedicati ai bambini e ai contrasti con gli adulti. Affari di famiglia parla d due bambini presi in adozione da una famiglia sgangherata, ma senza autorizzazione dei servizi sociali. Legami che si creano per affetto e presenza costante. Come sempre struggente, con molta leggerezza.
Infine, in proiezione speciale il ricco e documentato film di Wim Wenders su Papa Francesco, ritratto di un uomo giusto che parla di diritti e solidarietà con il Vangelo in una mano e il mappamondo nell’altra.
Diario da Cannes 71 – #6
“Un manifesto politico, una fiaba sulla storia d’Italia degli ultimi 50 anni, una canzone”. Definisce così Alice Rohrwacher il suo film in concorso Lazzaro felice. Lavoratori dei campi, vittime di un grande inganno da parte di una proprietaria terriera (Nicoletta Braschi) che li fa lavorare come ai tempi della mezzadria. Praticamente schiavi è tra loro che vive Lazzaro, un ragazzo candido che attraversa due epoche.
Per la terza volta a Cannes, dopo Corpo celeste e il Premio della Giuria per Le meraviglie.
Appena finito di montare, il film soffre di una lunghezza non del tutto controllata, ma ha sala sua il valore di immagini che riportano a un mondo rurale e antico, fatto di fatica, ingenuità e contadini reali. Non a caso la regista avrebbe voluto mostrarlo a Ermanno Olmi. Perché i rimandi sono evidenti, così come al Novecento di Bernardo Bertolucci o a immagini che evocano le periferie di Pasolini. La metafora di un’Italia ancora divisa tra campagna e metropoli, tra corruzione e solidarietà, tra buoni e cattivi è chiarissima.
C’è una poetica in Lazzaro felice che non è sfuggita alla stampa straniera e un po’ meno a quella italiana. Ma questa regista meriterebbe un premio.
Diario da Cannes 71 – #5
Come d’abitudine assente sulla Croisette, ma in collegamento FaceTime dalla Svizzera, Jean-Luc Godard fa parlare il suo film Le livre d’image, in gara nel concorso ufficiale. Ancora una volta un video saggio accompagnato dalla sua voce stanca e matura. Seguendo l’onda dei suoi documentari portati a Cannes negli ultimi anni: Film socialisme e Addio al linguaggio, in Livre d’image Godard continua a riflettere sul mondo, la politica e l’arte, raccogliendo immagini tratte dai film, girare e rielaborate o raccolte nei suoi archivi.
Filo conduttore è la questione morale e quanto poco venga presa in considerazione nel “supremo mondo occidentale”. Sempre nel concorso ufficiale è passato Gli eterni Jan-Zhang Ke del regista cinese già Leone d’oro per Still Life, intorno a una donna uscita dal carcere che va alla ricerca dell’uomo che ama e a cui aveva salvato la vita.
Infine, più che convincente El Angel dell’argentino Luis Ortega, sul bandito/serial killer che nel 1971, ancora adolescente ha compiuto i suoi crimini a Buenos Aires.
Diario da Cannes 71 – #4
Cannes scommette sul bianco e nero. Infatti i film più belli fin ora, non sono quelli a colori. Dopo il russo Leto, arriva il polacco Cold War del regista già Premio Oscar per Ida Pawel Pawlikowski. Alla fine degli ‘40 Zula e Viktor si incontrano, lui è direttore d’orchestra alle prese con la raccolta di musica tradizionale, lei cantante passata a un provino per il concerto di lui. Il contesto storico è quello della guerra fredda e prosegue fino a metà anni ‘60. La storia d’amore tra i due protagonisti si trova, si perde e si ritrova tra Varsavia e Parigi., tra artisti e dissidenti. È il film più applaudito fino ad ora.
Minore accoglienza per il film francese Scusami angelo di Christophe Honorè. Storie d’amore omosessuale nella Parigi anni ‘90, tra un drammaturgo e un ragazzino bretone, fino a sfiorare il dramma dell’AIDS. Con riferimenti a Querelle de Brest e riferimenti a Chiamami col tuo nome e Notti selvagge, ma c’è anche un po’ di Koltès. A un anno dal Premio qui a Cannes per 120 battiti al minuto, il film di Honorè non sembra avere quell’originalità, ma compensa con romanticismo e sentimentalismo. Intanto è passato il primo film italiano, in concorso alla Quinzaine des Realisateurs, La strada dei Samouni di Stefano Savona con disegni di Simone Massi. Un documentario che raccoglie le testimonianze filmate a Gaza dopo l’operazione Piombo Fuso.
Diario da Cannes 71 – #3
Leto in russo significa “l’estate”. Infatti di una stagione del 1983 a Leningrado, racconta il film di Kirill Serebrennikov. Il regista non ha potuto accompagnare il suo film a Cannes perché si trova a Mosca agli arresti domiciliari, con un’accusa di corruzione, contestata per la chiara volontà di punire un regista controcorrente. Ambientato sul finire dell’epoca di Brezneviana Leto segue le storie di due musicisti di una rock band, che prende ispirazione dalla scena musicale di quegli anni: da Lou Reed, a David Bowie, passando dai T-Rex ai Talking Heads. I due musicisti sono realmente esistiti e scomparsi prematuramente. Serebrennikov dedica loro immagini in bianco e nero, in stile nouvelle vague e con inserti moderni. Molto applaudito, come l’altro film in concorso Yomeddine dedicato a un uomo guarito e segnato dalla lebbra, che esce da adulto dal lebbrosario in cui era stato abbandonato da piccolo. Il suo ritorno a casa è in compagnia di un ragazzino che si fa chiamare Obama. Un film tenero, commovente e divertente, con il dito puntato contro l’abbandono di chi soffre.
Diario da Cannes 71 – #2
Il film Todos lo saben del regista iraniano Asghar Farhadi ha aperto Cannes 71. Premio Oscar con Il cliente, Farhadi è noto per i suoi affreschi sulle differenze sociali in Iran, mentre qui si sposta in Spagna, con ambizioni simili a quelle tipiche del suo cinema, ma conoscendo meno la materia L. Co-prodotto da Spagna, Francia e Italia il film si svolge in campagna, vicino a Madrid. Luogo in cui torna Laura (Penelope Cruz) per il matrimonio della sorella. Porta con se i figli, nella casa di famiglia, luogo in cui ritrova Paco (Javier Bardem), suo ex amore e figlio dell’antica servitù di famiglia. Con un tono che sfiora un po’ la telenovela, il film si trasforma in una sorta di noir, perdendo per strada pagine di sceneggiatura.
Diario da Cannes 71 – #1
L’edizione numero 71 del Festival di Cannes inizia, per la prima volta nella sua storia, con un giorno d’anticipo. Il motivo è per far vedere i film al pubblico prima che alla stampa, per evitare fughe di notizie. Di fatto cambierà poco, anzi aumenteranno le proiezioni, anche se nel frattempo si è inutilmente gridato allo scandalo, accusando il direttore Thierry Fremaux di voler mettere il bavaglio ai giornalisti. Oltre all’intensificarsi dei controlli anti-terrorismo per entrare praticamente ovunque, l’altro provvedimento che ha fatto storcere il naso è il divieto di selfie sul red carpet. “Sono stupidi e volgari – ha detto Fremaux – e rovinano la qualità della sfilata di attori e registi”. Provvedimento tacciato di snobismo e poco al passo con i tempi. Così come per l’esclusione dei film prodotti da Netflix. “Si viene qui per vedere i film, non per farsi vedere”, sempre per il no selfie. Tra le novità, nelle borse dei giornalisti, una cartolina che invita a chiamare il numero di un centralino antiviolenza, in caso si subissero molestie di tipo sessuale o se si fosse testimoni di abusi.