Le mamme e i parroci hanno lanciato un appello affinchè oggi scenda in piazza tutta Napoli. In strada per reagire alle camorre, all’escalation di violenza tra bande criminali che negli ultimi sei mesi a Napoli ha ucciso quarantanove persone. Una guerra tra clan dove con l’uscita di scena dei capi storici, l’età media delle nuove leve si è notevolmente abbassata e a sparare sono ragazzini giovanissimi, anche minorenni.
‘Un popolo in cammino per la giustizia sociale e contro le camorre’ è l’appello sotto cui si stanno riunendo parrocchie, studenti, associazioni, movimenti, sindacati, chiunque abbia voglia di reagire. “Abbiamo scelto di parlare di camorre e non di ‘camorra’ perché vogliamo denunciare che tante sono le camorre di Napoli. – Spiegano gli organizzatori in un comunicato – Stanno nell’intreccio tra camorra, politica corrotta imprenditoria collusa, tengono in scacco la nostra città fregandone lo sviluppo economico, strozzandone le prospettive di crescita e avvelenando le nostre terre”.
Il corteo attraverserà le strade del centro cittadino per dire No alla violenza criminale e alle camorre, ma non solo. Il popolo in cammino porta in piazza anche le sue istanze: un documento che verrà consegnato al prefetto di Napoli Maria Gerarda Pantalone. Non chiedono interventi spot e straordinari, ma un piano strutturale. Tre i punti principali: scuola, lavoro e sicurezza. La scuola al primo posto: scuole aperte tutto il giorno e fondi per il diritto allo studio per fermare l’evasione e la dispersione scolastica che a Napoli raggiungono cifre altissime, l’evasione supera il 40per cento.
Poi il lavoro: opere pubbliche e investimenti, ma anche contrasto alla povertà con forme di reddito per i giovani e le fasce più deboli della popolazione. E la sicurezza: più uomini e vigilanza sul territorio, anche se la repressione da sola non serve. “Lo abbiamo visto negli ultimi dieci anni – spiegano gli organizzatori -. Arresti e politiche repressive hanno spostato il problema in altri quartieri della città”. Come ad esempio l’operazione Alto Impatto disposta dal Viminale a Scampia e Secondigliano tre anni fa.
Il corteo è organizzato dai parroci di alcuni quartieri popolari di Napoli, dal centro storico alla periferia orientale, dove la camorra ha ripreso la sua guerra: Forcella, Sanità, Ponticelli. “Abbiamo insistito molto sul fatto che si tratta di ‘un popolo in cammino’. Non siamo noi preti, è il popolo. Noi vogliamo che il popolo rialzi la testa. E questa cosa bisogna farla insieme per il bene di tutti. Non devono esistere più due Napoli, una città divisa”, spiega padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano che dopo le periferie di Nairobi, dieci anni fa si è trasferito a Napoli, al rione Sanità.
Padre Zanotelli, in questi mesi assieme agli altri parroci del quartiere, sta accogliendo le richieste di aiuto delle mamme del quartiere. Al rione Sanità tre mesi fa è stato ucciso un innocente, un ragazzo di 17 anni Genny Cesarano, ammazzato all’alba del 6 settembre, nel corso di un raid intimidatorio nel cuore della Sanità. La mattina dopo l’omicidio, i parroci del quartiere (Don Loffredo, Don Rinaldi e padre Zanotelli) celebrarono messa all’aperto, sul sagrato dove poche ore prima era stato ammazzato Genny. Dopo la celebrazione, alcune mamme si rivolsero ai preti, in cerca di aiuto. Nacque una prima idea, una fiaccolata per ricordare Genny nei vicoli del quartiere.
La fiaccolata fu aperta da un piccolo striscione bianco con la scritta in rosso ‘No camorra’ portato da mamme e bambini, quella immagine accompagna i manifesti del corteo di oggi. E in corteo ci sarà anche Antonio Cesarano, il padre di Genny. “Ho inziato questa battaglia dopo quello che è successo a mio figlio. Mio figlio era un ragazzo modello, ma me lo hanno ammazzoto due volte, una seconda volta perché lo hanno dipinto come un criminale. E io – racconta Antonio – ho trovato la lucidità in quei momenti di dire chi era mio figlio e ho iniziato questa battaglia assieme ai preti, al quartiere, alle mamme che si sono riunite per dire basta a questa barabarie, a questi sciacalli che devono smetterla di decidere delle nostre vite. Spero che tutti insieme possiamo cambiare le cose. Chiederemo giustizia per Genny e per tutte le vittime innocenti. E non ci fermeremo dopo la marcia”.
Nella piazzetta dove è stato ammazzato Genny, il papà Antonio, assieme ad alcune associazione ha creato un campetto di calcio dedicato a Genny, che come tanti ragazzi della sua età amava il calcio e il Napoli. Mamme, parroci e qualche associazione che cercano di reagire.
La risposta del Governo alle nuove lotte tra clan, arrivata durante un Comitato per l’ordine e la sicurezza dedicato a Napoli a fine settembre, è stata il rafforzamento dei reparti investigativi con i reparti special (SCO, ROS), più operazioni ad alto impatto ed altre telecamere. Intanto proprio nella piazza dove è stato ammazzato Genny nemmeno due mesi dopo, c’è stato un altro agguato dove è rimasto ferito anche un ragazzo che non c’entava niente, un giovane cameriere.
Antonio Cesarano ai microfoni di Radio Popolare: