La Siria continua a essere usate dalle potenze regionali e internazionali per i loro interessi specifici. Succede da diversi anni e succederà ancora in futuro. Militarmente e politicamente la guerra è stata decisa – con la vittoria del regime – ma le violenze andranno avanti, e questo permetterà ai diversi attori esterni di farsi la guerra in territorio siriano ancora per un po’ di tempo. Una guerra per procura, anche se con una caratteristica peculiare del conflitto siriano: le alleanze variabili. Un elemento che ha reso la guerra siriana di difficilissima interpretazione, e che adesso ci può aiutare a leggere l’attacco, questa mattina, contro un’importante base militare nella provincia di Homs, nella Siria centrale.
Mosca e Damasco hanno detto che l’attacco è opera di Israele. Gli israeliani non hanno commentato, ma in passato avevano colpito la Siria diverse volte, spesso proprio senza confermare le loro operazioni. Gli israeliani, per esempio, avevano bombardato quella stessa base lo scorso febbraio. Una nuova operazione è quindi plausibile, soprattutto perché il principale nemico d’Israele, l’Iran, continua a mantenere una costante presenza in territorio siriano. Direttamente o indirettamente, attraverso le milizie sciite coordinate da Tehran, Hezbollah libanesi in testa. Oltretutto tra le vittime di questa mattina ci sono anche dei militari iraniani.
In quest’ottica il fatto che il raid sia arrivato a poche ore dalle minacce di Trump per l’uso di armi chimiche a Douma da parte del regime – notizia ancora impossibile da confermare in maniera indipendente ma altamente probabile – potrebbe essere una coincidenza. In effetti negli ultimi giorni alcuni generali israeliani si erano lamentati del possibile ritiro americano dal nord e dall’est della Siria, dove gli Stati Uniti assistono i curdi nella lotta all’ISIS. Non solo. I continui raid israeliani, se di questo si tratta, stanno mettendo a dura prova anche le buone relazioni tra Israele e Russia, che comunque non sembrano essere a rischio. Nella guerra ad alleanze variabili Israele sta quindi portando avanti la sua agenda in solitario.
Questo però spiega solo parzialmente la complessità della situazione. Gli attori esterni, alcuni lo fanno direttamente altri lo fanno attraverso gruppi armati siriani, si agganciano su un conflitto che è anche un conflitto interno, il cui ultimo capitolo è stato scritto a Douma, nella Ghouta Orientale, alle porte di Damasco. I miliziani di Jaysh al-Islam, finanziati dall’Arabia Saudita, si stanno preparando a lasciare le loro postazioni, diretti nel nord della Siria.
I ribelli hanno accettato di uscire da Douma solo dopo l’attacco chimico di sabato scorso. La popolazione civile è rimasta schiacciata anche questa volta tra la brutalità del regime e l’intransigenza dei gruppi armati dell’opposizione.
Armi chimiche e armi convenzionali
Il copione degli ultimi giorni a Ghouta è stato ampiamente visto in passato: uso di armi chimiche che si aggiunge a quello quotidiano di armi convenzionali, decine di vittime civili, il regime che nega ogni responsabilità, la Russia che parla di complotto internazionale, i gruppi ribelli finanziati dall’esterno che mantengono postazioni a scapito della popolazione civile. L’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche sta raccogliendo informazioni sull’attacco a Douma. La Russia ha già detto che non c’è stato alcun attacco chimico. A breve la discussione arriverà in Consiglio di Sicurezza.
Con la caduta di Douma il regime riprende il controllo su tutta la Ghouta Orientale. Il principale successo militare di Assad dalla caduta di Aleppo, alla fine del 2016. Gli interventi esterni, la creazione di milizie radicali, i bombardamenti israeliani non hanno fermato le atrocità del regime. La guerra è sempre stata combattuta su più piani. Nonostante i proclami i civili siriani non sono mai stati una priorità. Per nessuno degli attori coinvolti.