Iniziative

 

 

Sofia 2.0, sorprese e contraddizioni

Non ha la miriade di minareti di quelle istanbuliote, ma il disegno della moschea Bania Bazi Dzamija è simile a quelle celeberrime della metropoli sul Bosforo.  Non a caso è stata ideata da Sinan, lo stesso architetto delle celebrate moschee di Istanbul.

Nel giro di poche centinaia di metri più di una trattoria propone menù che hanno nelle meze – gli antipasti tipici della cucina ottomana – il loro pezzo forte. Ma quello turco è solo uno degli universi che si incrociano per le strade di Sofia, una capitale del meticciato culturale. La conferma è che a poche centinaia di metri dalla “moschea dei Bagni”, si ergono la maestosa chiesa ortodossa Sveta Nedelja e, riconoscibile per la sua architettura neomoresca, la più grande sinagoga monumentale d’Europa.

E poco lontano troviamo la Cărkva Sv. Nikolaj, una chiesa russa a due piani del 1913 dai caratteristici ‘cipollotti’ dorati, e la Cărkva Sv. Petka Samardžijska, chiesa di culto cattolico, oggi parzialmente interrata.

Sofia 3

Un’opulenza (architettonica) che però non troviamo in ambito sociale. Da quando è caduto il muro di Berlino la città sta subendo una metamorfosi che sembra non avere fine. La transizione dal comunismo al consumismo è stata foriera di mille sogni: per ora si sono perse certezze e sono nate speranze che spesso rischiano di ridursi a miraggi. Il marchio Geox campeggia di fronte al palazzo presidenziale: le scarpe respirano agli stessi prezzi italiani, inarrivabili per chi continua a lucidare vecchi stivali. Per trasformare i sogni in realtà ogni scorciatoia appare percorribile, a partire dal tentativo di trasformare antiche tradizioni in business.

Qualcuno si lancia nella riproduzioni delle icone: i modelli da cui prendere spunto non mancano, visto che la cripta della cattedrale-monumento Aleksandãr Nevski, ideata a cavallo tra il XIX e il XX secolo per commemorare la liberazione dal giogo turco da parte delle armate russe, ospita una incredibile raccolta di icone provenienti da tutte le regioni del paese. Altri recuperano gli antichi metodi di massaggio dei pastori transumanti (koracanè) e quelli, più ruvidi, dei briganti dei Balcani (hajdutzi) per aprire ruspanti studi di fisioterapia.

Più di un aspirante chef apre un ristorante nella sala di casa sua, proponendo intriganti rivisitazioni della cucina balcanica. Se non si dispone di spazi adeguati a Sofia non ci si arrende. L’ufficio per la tutela dei beni architettonici è di manica larga ed è ormai diventata prassi riconvertire vecchi monumenti in attività commerciali. Un anfiteatro romano con una storia secolare è diventato la hall di un albergo a cinque stelle, l’Arena di Serdica. Un segmento della Libreria Nazionale si è trasformato in una discoteca dalla colonna sonora ‘mainstream’. Si chiama Once upon a time…Biblioteka: una volta si ballava  con gli scaffali dei libri a vista, oggi, dopo una discutibile ristrutturazione, sfoggia un look club oriented, con tanto di sushi bar. Il club Hambara è un locale tutto in legno, con le travi a vista e senza luce elettrica, ma illuminato solo da qualche decina di candele. In origine era una stalla dove riposavano i cavalli che trainavano i tram. Divenne poi la stamperia clandestina dove Georgi Dimitrov, primo ministro della Repubblica Popolare di Bulgaria, editava un giornale sovversivo.

I basement di antichi palazzi sono stati trasformati in micro drogherie dove per acquistare qualcosa è necessario piegarsi in due. Invece se alla mattina verso le 11 (o al pomeriggio alle 18) andate sotto il leone di marmo che troneggia davanti al Palazzo di Giustizia troverete un capannello di turisti capeggiati da un paio di studenti.

Sofia 1

Sono le guide di ‘Free Sofia’, che accompagnano i turisti in un tour informale per la capitale bulgara, incrociando chiese e monumenti, ma anche bar e negozi. Il tour è gratuito, anche se una mancia al momento del commiato è ben accetta. Non essendo delle guide ufficiali non possono accompagnare i turisti dentro chiese e musei, ma si limitano a raccontarli dalle adiacenze, usando come lingua franca l’inglese. Per pochi Euro ci sono dei tour solo culturali, mentre per i nostalgici c’è il ‘Communist Tour’: un excursus sui luoghi e i resti del recente passato bulgaro, come il Monumento della Fratellanza,  ai piedi del quale non è insolito trovare fiori lasciati dai pensionati in ricordo del passato.

Per chi preferisce la bicicletta c’è un’analoga esperienza a pedali: il ‘Sofia Green Tour’, un percorso di quasi 20 km che consente di capire perché Sofia è una delle capitali verdi d’Europa. Si attraversano alcuni dei parchi che creano una cintura verde intorno alla capitale bulgara, come Borisova Gradina, a sud-est del centro, il parco più bello di Sofia, popolato da statue e aiuole, e lo Yuzhena, a sud di downtown: un’ampia e selvaggia distesa verde fitta di alberi e sentieri ombreggiati, attraversata da uno spumeggiante torrente. L’impressione è quella di essere in una regione selvaggia, ma il centro città dista solo qualche pedalata…

Sofia 2

 

Il nostro viaggio, oltre che alla scoperta di Sofia, prevede anche intriganti escursioni naturalistico-culturali fuori dalla capitale bulgara.

Dettagli e costi del viaggio

 

  • Autore articolo
    Claudio Agostoni
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    Agitu Idea Gudeta, una pastora etiope in Trentino un podcast di Claudio Agostoni musiche di Saba Anglana regia e montaggio di Roberto Cirillo Nata ad Addis Abeba il 1° gennaio 1978, la pastora Agitu Ideo Gudeta è stata un’attivista per i diritti umani e contro le speculazioni e gli espropri forzati dei latifondisti che costringono gli allevatori locali ad abbandonare i loro terreni. Arrivata in Italia a 18 anni e, dopo aver conseguito la laurea in Sociologia a Trento, era poi tornata in Etiopia per dedicarsi a progetti di economia sostenibile contro l’inquinamento e la devastazione ambientale. Il suo impiego l’aveva resa invisa al governo, a rischio di arresto e minacciata di morte. Tornata a Trento, dopo una serie di peregrinazioni, Agitu aveva trovato nella Valle dei Mocheni il luogo in cui portare avanti la sua visione: il progetto di una piccola economia sostenibile, vivere in armonia con la natura e allevare la capra pezzata mochena, di razza autoctona, che ha bisogno di mangiare poco per produrre molto latte, senza dover quindi essere nutrita con mangimi. Grazie alle conoscenze apprese dalla nonna e dai pastori al fianco dei quali aveva lottato, Agitu aveva iniziato recuperando, come avrebbe voluto fare nella sua terra d’origine, terre abbandonate, facendole diventare una risorsa. Nel suo maso, con il latte fornito dal suo gregge, faceva il formaggio con metodi tradizionali e a vendita diretta. Agitu è morta a Frassilongo il 29 dicembre 2020, vittima di femminicidio, uccisa da un pastore ghanese che lei aveva aiutato, accogliendolo come collaboratore nella sua azienda agricola. Con questo podcast, della durata di 60 minuti, cerchiamo di ricostruire la sua storia, utilizzando le voci di chi l’aveva conosciuta nel suo lavoro in Trentino, dalla Vallarsa alla Val di Gresta, sino alla Valle dei Mocheni. Ma soprattutto grazie alla sua voce, registrata anche quando eravamo andati a trovarla, con un gruppo di ascoltatori di Radio Popolare, poche settimane prima che venisse assassinata.

    Gli speciali - 29-12-2024

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    Agitu Idea Gudeta

    Agitu Idea Gudeta, una pastora etiope in Trentino un podcast di Claudio Agostoni musiche di Saba Anglana regia e montaggio di Roberto Cirillo Nata ad Addis Abeba il 1° gennaio 1978, la pastora Agitu Ideo Gudeta è stata un’attivista per i diritti umani e contro le speculazioni e gli espropri forzati dei latifondisti che costringono gli allevatori locali ad abbandonare i loro terreni. Arrivata in Italia a 18 anni e, dopo aver conseguito la laurea in Sociologia a Trento, era poi tornata in Etiopia per dedicarsi a progetti di economia sostenibile contro l’inquinamento e la devastazione ambientale. Il suo impiego l’aveva resa invisa al governo, a rischio di arresto e minacciata di morte. Tornata a Trento, dopo una serie di peregrinazioni, Agitu aveva trovato nella Valle dei Mocheni il luogo in cui portare avanti la sua visione: il progetto di una piccola economia sostenibile, vivere in armonia con la natura e allevare la capra pezzata mochena, di razza autoctona, che ha bisogno di mangiare poco per produrre molto latte, senza dover quindi essere nutrita con mangimi. Grazie alle conoscenze apprese dalla nonna e dai pastori al fianco dei quali aveva lottato, Agitu aveva iniziato recuperando, come avrebbe voluto fare nella sua terra d’origine, terre abbandonate, facendole diventare una risorsa. Nel suo maso, con il latte fornito dal suo gregge, faceva il formaggio con metodi tradizionali e a vendita diretta. Agitu è morta a Frassilongo il 29 dicembre 2020, vittima di femminicidio, uccisa da un pastore ghanese che lei aveva aiutato, accogliendolo come collaboratore nella sua azienda agricola. Con questo podcast, della durata di 60 minuti, cerchiamo di ricostruire la sua storia, utilizzando le voci di chi l’aveva conosciuta nel suo lavoro in Trentino, dalla Vallarsa alla Val di Gresta, sino alla Valle dei Mocheni. Ma soprattutto grazie alla sua voce, registrata anche quando eravamo andati a trovarla, con un gruppo di ascoltatori di Radio Popolare, poche settimane prima che venisse assassinata.

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    La domenica dei libri è la trasmissione di libri e cultura di Radio Popolare. Ogni settimana, interviste agli autori, approfondimenti, le novità del dibattito culturale, soprattutto la passione della lettura e delle idee. Condotta da Roberto Festa

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