La coperta si fa un po’ più corta. E ne deve tenere conto l’europarlamento mentre si appresta ad approvare il prossimo piano di investimenti. Oltre al bilancio annuale, infatti, Strasburgo approva anche un bilancio di lungo periodo. Gli eurodeputati si apprestano a votare la posizione del Parlamento europeo per il prossimo bilancio a lungo termine.
Il Parlamento è chiamato ad approvare la relazione nella quale si richiede all’Unione di continuare a sostenere la politica agricola comune, la politica comune della pesca e quella di coesione economica, sociale e territoriale.
La relazione sottolinea anche la necessità per il prossimo bilancio a lungo termine di aumentare “in modo sostanziale” le risorse destinate a ricerca ed Erasmus, e di garantire progressi nella lotta alla disoccupazione giovanile e nel supporto alle piccole e medie imprese.
Il prossimo Quadro finanziario pluriennale coprirà un periodo di almeno cinque anni a partire dal 2021. Inizierà dopo l’uscita del Regno Unito dall’Ue, la quale avrà importanti conseguenze perché avremo 14 miliardi di euro in meno sul piatto.
Il Parlamento europeo avanza anche delle proposte su come si dovrebbe in futuro finanziare il bilancio. Sempre mercoledì verrà votata una risoluzione che suggerisce una riforma delle entrate europee con un paniere di plausibili nuove ‘risorse proprie’ che comprendono un’imposta sul reddito delle società, delle eco-tasse, un’imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo e imposte speciali per società del settore digitale.
Il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker presenterà probabilmente le proposte della Commissione per il prossimo Quadro finanziario il 2 maggio 2018, con l’obiettivo di arrivare a un accordo entro 12 mesi.
Secondo i risultati di un’indagine Eurobarometro del 2017, gran parte dei cittadini europei vorrebbe un maggiore intervento dell’Unione europea nell’affrontare questioni come la disoccupazione, il cambiamento climatico, il fisco.
Sono risultati che sorprendono, in tempi di rinascita dei nazionalismi. Forse i cittadini vedono ancora, nonostante i suoi errori e le sue mancanze – spesso dovute alle decisioni dei governi nazionali – nell’Europa una speranza. O, quantomeno, una plausibile via di sviluppo.