A un certo punto, in piazza del Duomo, blindatissima per il comizio di Matteo Salvini, entra un gruppo di ragazzi che sventolano una bandiera in tutto e per tutto simile a quella nazista. Il verde invece che il rosso, un simbolo con quattro K al posto della svastica, la bandiera rappresenta uno stato immaginario, il Kekistan, molto popolare sui social media.
Dopo alcuni minuti, un uomo del servizio d’ordine della Lega si avvicina, fa qualche domanda, poi lascia che i ragazzi circolino liberamente nella piazza. Uno di loro esibisce una spilletta con il totenkopf, il teschio simbolo delle SS naziste. Altri due indossano il cappellino della campagna elettorale di Donald Trump: ‘make America great again’.
Si potrebbe derubricare tutto a discutibile goliardata, forse addirittura a provocazione, se non fosse che la bandiera del Kekistan è uno dei vessilli adottati dalla destra radicale e suprematista statunitense. E’ la prima volta che compare in una manifestazione politica in Italia, mischiata alle bandiere della Padania.
La Lega di Salvini ha compiuto la propria mutazione antropologica.
Da movimento nordista che sognava la secessione a contenitore del nazionalismo di destra italiano.
Accanto ai leoni di San Marco, in piazza Duomo c’erano le bandiere italiane. E spiccava la fiamma tricolore del ‘Movimento Nazionale per la Sovranità‘, fondato da tre vecchi protagonisti del Msi, Gianni Alemanno, Domenico Menia e Francesco Storace.
Non lontano dallo striscione sovranista, una bandiera imperiale russa sventolata da un italianissimo militante.
Sono i nuovi amici di Matteo Salvini, ormai riconosciuto leader dell’estrema destra italiana.
E lui non ha deluso i suoi sostenitori, attaccando subito la manifestazione antifascista che si teneva a Roma negli stessi minuti:
“altre piazze preferiscono inseguire i fantasmi del passato, il fascismo è il passato, non tornerà mai più”.
Ha scomodato una citazione di Pierpaolo Pasolini, il segretario leghista, per sostenere che l’allarme per il pericolo fascista altro non sarebbe che uno strumento in mano al potere per soggiogare le masse. Del resto, Salvini è abile a mischiare le carte, a usare in maniera disinvolta simboli e riferimenti della destra e della sinistra. Durante il suo comizio milanese ha pure citato Sandro Pertini, definito icona di onestà e trasparenza. Ad ascoltarlo, a pochi metri di distanza, il collega di partito Max Bastoni, il quale pochi giorni fa ha rivendicato l’appoggio dato alla Lega dalla formazione fascista ‘Lealtà e Azione‘.
Salvini è spregiudicato, e così come ha cambiato look alla Lega molto velocemente, passando dal verde padano al blu lepenista, così come se la prende con gli immigrati e ascolta Fabrizio De André, in campagna elettorale promette misure economiche ultraliberiste, come la ‘flat tax’ e al tempo stesso si profonde nella retorica antiglobalista, attaccando le “multinazionali che licenziano gli operai con un click“.
Sembra un discorso nuovo solo se non si conosce cosa sia accaduto nel mondo occidentale negli ultimi anni.
In realtà, Salvini recita alla perfezione il copione della destra radicale che si afferma sempre più dall’Europa agli Stati Uniti. La stessa che ha contribuito a portare Donald Trump alla Casa Bianca, che ha sostenuto la Brexit, che rappresenta la base ideologica del Front National in Francia e del governo neo autoritario di Victor Orban in Ungheria.
E mentre affermava di voler rispettare la Costituzione, Salvini si impegnava a mantenere le promesse giurando su un Vangelo.
Anche questo è un modo per rimarcare la differenza netta col passato, con la Lega di Bossi che si inventava riti pagani come quello dell’ampolla del ‘dio Po’. Salvini invece cita il Vangelo, giura sulle scritture, mostra un rosario, cercando così di accreditarsi con la destra tradizionalista italiana.