Tra i tanti, è stato il gesto più intenso, più carico di significato e con la valenza più profonda. La mattina del 30 novembre, Papa Francesco è andato a visitare la moschea principale di Bangui, nel quartiere musulmano di Koundoukou, in Repubblica Centrafricana. Un Paese dove milizie che si professano musulmane (seleka) sono in guerra con altre, cosniderate vicine ai cristiani (anti balaka).
Bergoglio non ha esitato ad entrare in uno dei grandi temi di attualità: le relazioni con I’Islam e il pericolo chen il terrorismo nasca da questa religione e da quanti 1a professano.
In sostanza, il Papa con il suo gesto ha detto che la guerra dell’Islam all’Occidente è tutt’altro che religiosa e che un modo per sconfiggerla è proprio quello di rifiutare, da una parte e dall’altra, quest’interpretazione.
Con la visita alla Moschea a Bangui ha detto anche che anche la guerra in Centrafrica non c’entra nulla con la religione. Guerra dove, peraltro, a subire attacchi, pressioni, vessazioni, sono più gli islamici che i cristiani.
Con fa sua visita in Moschea, Bergoglio ha anche detto che il pericolo, in grandi città come Milano e Roma, non sono le moschee ma le periferie, la cattiva politica, la corruzione, la mancanza di lavoro per i giovani.
Il Papa in Centrafrica ha mostrato una religione inclusiva e ha chiesto ai politici, con i suoi gesti, di includere piuttosto che escludere e accusare. È paradossale, ma BergogÌio, la più alta autorità della chiesa cattolica, è diventato con questa visita e con le sue parole un leader religioso a tutto campo, anche per chi professa l’Islam.