Poche ore dopo la drammatica notizia della scomparsa di Luca De Filippo, insigne interprete e depositario del teatro del padre Eduardo, è giunta quella della morte di Luc Bondy, regista teatrale cosmopolita e direttore dell’Odéon di Parigi.
Omonimi e coetanei, i due celebri artisti avevano in comune l’energia della generazione di chi era nato poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, in un’Europa dilaniata che non voleva che dimenticare i propri orrori attraverso la cultura, la musica, lo spettacolo.
Il teatro di Eduardo era lo specchio amaro e ironico dell’Italia povera e non sempre bella: era là che il piccolo Luca, rimasto orfano di madre in giovane età, aveva debuttato a soli 7 anni, accanto a un padre anziano e a volte ingombrante, che tuttavia lo amava teneramente e gli scriveva speciali particine, pur di tenerselo vicino in scena.
L’École Internationale de Théâtre di Jacques Lecoq, dove approdava il giovanissimo Luc dopo avere abbandonato gli studi prima della maturità, era uno dei poli di maggiore innovazione artistica dell’Europa di allora.
Precoci e appassionati, mossi da un’esigenza artistica quasi naturale che le successive generazioni avrebbero trovato difficile riaccendere, Luca e Luc si sono fatti entrambi le ossa andando “a bottega” dai grandissimi del loro tempo, per raccogliere, tradurre, innovare senza tradire.
De Filippo, che aveva alle spalle la magica scrittura paterna e l’inimitabile tradizione del teatro napoletano, ha saputo riscoprire testi dimenticati di Eduardo Scarpetta, suo nonno, e riportare in scena con rispetto e innata efficacia la drammaturgia paterna ma anche i giganti del Novecento come Harold Pinter.
Bondy, zurighese nato in una famiglia di intellettuali praghesi, parigino d’adozione e a lungo vissuto in Germania (dove aveva diretto la Schaubühne di Berlino), ha trasferito il suo sguardo anticonvenzionale e visionario sia nella prosa contemporanea, sia nella regia lirica nei maggiori teatri europei.
La casualità dell’ineluttabile li ha uniti nello spazio di 24 ore, dopo avere entrambi vissuto intensamente e appassionatamente, come accade in teatro.