Alla vigilia dell’importantissimo Vertice sul Clima di Parigi la questione ambientale e il surriscaldamento del pianeta non sono ancora tra le priorità dell’opinione pubblica mondiale. Lo dice un sondaggio pubblicato dalla britannica BBC e realizzato dall’istituto di ricerche GlobeScan. Secondo questo sondaggio, realizzato intervistando circa ventimila persone in venti paesi diversi, meno della metà della popolazione mondiale considera il clima una questione importante.
Solo in quattro paesi – Canada, Spagna, Francia e Gran Bretagna – la maggioranza della popolazione vorrebbe che i rispettivi governi adottassero misure più rigide in materia ambientale e assumessero un ruolo guida nel negoziato che comincerà domani a Parigi. Sulla carta, stando a questi indicatori, i politici che nei prossimi giorni dovranno prendere delle decisioni importanti sul clima sentiranno meno il peso della responsabilità. Ma in realtà la COP21 che si apre domani nella capitale francese sarà un passaggio delicatissimo per fermare o rallentare i cambiamenti climatici. Sul tavolo c’è un accordo che dovrebbe sostituire Il Protocollo di Kyoto, firmato nel 1997.
Dopo il fallimento della Conferenza sul Clima di Copenhagen (2009) la classe politica è più attenta al tema del clima. L’opinione pubblica, però, non sembra andare nella stessa direzione. E l’Italia lo dimostra piuttosto bene. “Nel nostro paese – ci spiega Gianni Silvestrini, autore del libro 2 Gradi. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia – i media, e in parte anche la politica, hanno dedicato pochissimo spazio alla Conferenza di Parigi. È stato tutto sottotraccia. Speriamo che questo appuntamento risvegli l’attenzione italiana. Anche perché la necessità di cambiare modello di sviluppo è una grande opportunità per creare posti di lavoro. E ricordiamoci che il 2 dicembre, proprio in concomitanza con la Conferenza di Parigi, la Commissione Europea lancerà il pacchetto sull’economia circolare, il driver che insieme all’energia sostenibile guiderà gli investimenti nei prossimi 15 anni”.
La crisi economica di questi anni non ha certo aiutato la causa del clima. La perdita di posti di lavoro, quindi la perdita di certezze, ha reso l’opinione pubblica mondiale, soprattutto nei paesi occidentali, impermeabile alla necessità di cambiare modello di sviluppo. Ma nonostante questo, rispetto al 2009, quindi rispetto alla Conferenza di Copenhagen, i governi sono sicuramente più preparati e più predisposti ad assumere degli impegni vincolanti.
Ascolta Gianni Silvestrini che spiega come sia cambiato, nonostante diversi ostacoli, l’approccio della classe politica
Ascolta Gianni Silvestrini che racconta per quale motivo alla vigilia della Conferenza di Parigi possiamo essere ottimisti