E’ stato condannato a due anni e 8 mesi di carcere Norberto Achille, l’ex presidente di Ferrovie Nord. Peculato e truffa sono le accuse. Lui e la sua famiglia hanno, in sette anni, usato ben 429.000 euro della società e di Regione Lombardia per spese personali di vario genere.
Achille ha ammesso la sua colpevolezza e ha anche scritto una lettera ai giudici in cui dice di essere molto imbarazzato per questa storia. Giusto per fare un esempio: 158.000 euro sono stati usati per pagare le multe prese dal figlio di Achille con le auto aziendali.
Il primo a denunciare la vicenda era stato un ex funzionario di Ferrovie Nord, Andrea Franzoso. Che quella scelta la ha pagata cara. Snooze lo ha intervistato.
“In azienda circolava voce. Norberto Achille non rubava di nascosto. Lui chiedeva dei rimborsi spese, qualcuno autorizzava le spese. Quindi c’era tutta una serie di persone che erano al corrente. A me è giunta all’orecchio questa cosa e insieme ad alcuni colleghi ho fatto delle verifiche. Poi quando è uscita questa lista infinita di spese folli, l’ho segnalata ad alcuni consiglieri di amministrazione e all’allora presidente del collegio sindacale. Che non hanno preso bene la notizia, non tanto per il fatto che il presidente utilizzasse soldi pubblici per spese private sue personali e della sua famiglia, ma per il fatto che qualcuno lo facesse notare. E’ questo l’assurdo. All’epoca mi fu chiesto di starmene zitto. Addirittura ci fu chi mi propose – l’allora presidente del collegio sindacale – di utilizzare quelle informazioni a mio vantaggio per ottenere una promozione o altro. Però la mia scelta fu un’altra, fu quella di oppormi, di andare dai carabinieri a denunciare il presidente”.
A questo punto sei stato messo in un angolo…
“Sì, quasi subito. Con l’arrivo del nuovo presidente – Andrea Gibelli, leghista, ex vicepresidente di Regione Lombardia con Roberto Formigoni – è iniziato il mio isolamento. Pochi giorni dopo il suo arrivo, quelli che erano i miei incarichi furono affidati a dei consulenti esterni. Quindi Ferrovie Nord pagava due volte: pagava il mio stipendio per non farmi fare niente (io trascorrevo la giornata a leggere libri, a navigare in internet, di questo avvisavo il direttore delle risorse umane ma per loro era tutto tranquillo) e pagava delle persone per fare quello che avrei dovuto fare io. Poi nel giro di pochi mesi mi hanno trasferito in un nuovo ufficio, senza più alcun compito di controllo, dove avevo molto poco da fare, e alla fine, lo scorso anno, me ne sono andato. Sono stato messo nelle condizioni di andarmene, l’azienda mi ha proposto una risoluzione consensuale che ho accettato, visto che non c’erano più le condizioni per rimanere. La cosa più triste in tutto questo è che molti colleghi mi hanno voltato le spalle, mi hanno isolato, avevano timore di farsi vedere con me. A mensa mi trovavo sempre solo con un collega, gli altri mi evitavano. E non ho trovato solidarietà da parte dei sindacati. Questa è stata una vicenda dolorosa che poi però è finita bene, anche se per oltre un anno non ho trovato lavoro”.
Adesso cosa fai?
“Mi ha proposto un lavoro Il Fatto Quotidiano. Lavorerò come autore per la loro piattaforma televisiva”.
Andrea Franzoso nel frattempo ha scritto un libro sulla vicenda: Il disobbediente. C’è un prezzo da pagare se non si vuole avere un prezzo (ed. Paper First).
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