L’articolo 9 della costituzione presuppone che il Giappone non usi la guerra per risolvere le controversie internazionali né mantenga un esercito, ma è una regola che è già stata aggirata da decenni con la creazione di una forza di autodifesa. La questione nordcoreana diventa a questo punto il dispositivo ideologico, la giustificazione, attraverso cui Shinzo Abe cerca di compiere la transizione definitiva verso il riarmo del proprio Paese.
Ora, con la conquista dei due terzi del parlamento, ha i numeri per mettere mano alla costituzione (ce li aveva anche prima, a dire il vero), ma al di là dei numeri, la questione non è facilmente risolvibile perché in Giappone permane un forte movimento pacifista a sostegno proprio dell’articolo che il premier vuole cancellare.
Va inoltre detto che pochi si fidano di Abe. Una serie di scandali ne aveva affossato la popolarità fino a che, l’estate scorsa, l’escalation nordcoreana gli ha ridato vento in poppa: insomma, Kim Jong-un fa il gioco di Shinzo Abe.
Ora, cosa dobbiamo aspettarci dal Giappone del rilanciatissimo premier in cui però il 51 per cento della popolazione – secondo un sondaggio – non crede troppo?
Primo, più intransigenza verso la Corea del Nord. Su questo tema, Abe ha infatti giocato la campagna la sua elettorale. A corollario di questa intransigenza, un’alleanza più stretta con gli Stati Uniti di Trump, che il 5 novembre visiterà il Giappone.
Secondo, la revisione della costituzione pacifista, ma sul lungo periodo. I sondaggi dicono che la maggioranza dei giapponesi è comunque contraria a tale revisione, quindi Abe vorrebbe parlarne a partire dal 2020 e coinvolgendo i partiti d’opposizione, come il “Partito della Speranza” di Yuriko Koike, la governatrice di Tokyo.
Inutile dire che queste due scelte aumenterebbero le tensioni nell’area, soprattutto con la Cina, anch’essa in procinto di investire nella modernizzazione dell’Esercito Popolare di Liberazione e sempre più proiettata verso l’obiettivo di diventare superpotenza regionale.
E passiamo al piano interno.
In base a quanto ha già dichiarato, Abe eleverà probabilmente l’imposta sulle vendite dall’8 al 10 per cento e con questa cercherà di finanziare alcune misure di welfare, soprattutto in ambito educativo, come il nido gratuito e il sostegno dello Stato agli studenti che si iscrivono alle scuole private. Essendo un Paese di anziani, il Giappone privilegia da tempo un welfare dedicato a loro, ma adesso si tratta di rilanciare la crescita del Paese e quindi l’educazione delle giovani generazioni.