Sono 50 i morti accertati e oltre 400 i feriti della strage di Las Vegas, nello Stato americano del Nevada. La sparatoria è avvenuta attorno alle 22 del primo ottobre ora locale (le 8 del mattino del 2 ottobre in Italia) durante un festival di musica country sulla Strip, la strada più famosa della città su cui si affacciano i più importanti casinò.
I colpi – centinaia – sono partiti dalla finestra di una stanza al 32° piano del Mandalay Bay Hotel. Da giovedì la stanza era occupata da Stephen Paddock, un uomo bianco di 64 anni residente a Mesquite, una cittadina di 20mila abitanti non lontana da Las Vegas. Quando la polizia ha fatto irruzione nella sua camera d’albergo ha trovato Paddock senza vita e almeno dieci armi automatiche.
Ad alcune ore dal massacro, l’agenzia di stampa legata all’Isis “Amaq” ha rivendicato l’attentato, ma finora le autorità federali non parlano di terrorismo.
Dal presidente Trump, intervenuto con un discorso dalla Casa Bianca, solo preghiere e un appello all’unità della nazione, ma nemmeno un accenno al problema della diffusione delle armi negli Stati Uniti.
Quello di Las Vegas è l’attacco più grave nella storia del Paese che detiene il record negativo di vittime da armi da fuoco. Secondo il sito Gun Violence Archive – ricco di dati e mappe – nel 2017 si contano finora 11.652 morti.
Le sparatorie che hanno visto coinvolte almeno quattro persone – quelle che gli americani chiamano mass shootings – nei primi nove mesi di quest’anno sono state già 273.