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Putin: “La Turchia appoggia il terrorismo”

Pochi giorni fa abbiamo raccontato l’alleanza obbligata tra Putin e l’occidente nella guerra all’ISIS. Dopo l’abbattimento dell’aereo russo nel Sinai e gli attentati di Parigi, Russia, Europa e Stati Uniti, e in misura minore anche alcuni paesi arabi, hanno tutti un nemico comune, lo Stato Islamico.

L’abbattimento di un caccia russo oggi, al confine tra Siria e Turchia, mostra però la fragilità di questa grande coalizione internazionale e soprattutto conferma come ognuno continui a perseguire anche altri obiettivi, spesso in conflitto con quelli dei suoi presunti alleati. La Russia vuole rafforzare a tutti i costi il regime siriano, la Francia invita gli alleati a lasciar da parte le differenze sul futuro della Siria e a puntare tutto sulla battaglia allo Stato Islamico, gli Stati Uniti chiedono a Mosca di non colpire più i ribelli siriani che combattono Assad.

La reazione di Vladimir Putin all’abbattimento di un caccia russo nel nord della Siria da parte della Turchia è stata furiosa. Il capo del cremlino ha accusato Ankara di essere complice dell’ISIS e ha detto che ci saranno gravi conseguenze nelle relazioni tra i due paesi.

La situazione nel nord della Siria è estremamente complessa. Ci sono tanti attori in una zona di territorio relativamente piccola e per di più le alleanze sono spesso incrociate e variabili: i nemici del regime non sono sempre alleati dell’opposizione e viceversa. In questo quadro quanto successo oggi non deve stupire, anche perché in fondo Russia e Turchia appoggiano fazioni opposte nel conflitto siriano. La Turchia aveva avvisato più volte la Russia di non avvicinarsi al suo confine e poi la zona interessata è una sottilissima lingua di terra turca circondata da territorio siriano tra le province di Idlib e Lattakia, nel nord-ovest del paese, non lontano dalla costa mediterranea.

La crisi, però, è seria. Un membro della NATO non sparava su un aereo russo dai tempi della Guerra fredda. Il ministro degli esteri di Mosca, Sergjei Lavrov, ha cancellato la sua imminente visita in Turchia, il principale tour operator russo ha congelato tutti i viaggi nel Paese, il governo ha invitato i suoi cittadini a non visitare più la Turchia, in quanto ad alto rischio terrorismo. Adesso ci dobbiamo aspettare qualcosa di più?

Un analista molto vicino al Cremlino, che ha chiesto di rimanere anonimo vista la dalicatezza della situazione, ci fa capire come sia difficile fare delle previsioni: “Sinceramente speriamo di arrivare indenni alla fine di questa settimana, si prospetta molto complessa. Le parole di Putin hanno stupito anche noi. In sostanza ha messo la Turchia e il terrorismo internazionale sullo stesso piano. A questo punto non vedo come gli altri membri della NATO possano rifiutare la richiesta turca di una no-fly zone nel nord della Siria”.

Al momento, comunque, la Russia, starebbe aspettando la prossima mossa dell’Occidente: “La NATO – ci spiega la nostra fonte a Mosca – potrebbe chiedere alle parti di abbassare i toni e di collaborare. Questa sarebbe l’opzione migliore. Ma potrebbe anche decidere una no-fly zone nel nord della Siria oppure il blocco marittimo del paese. Gli Stati Uniti hanno la forza militare per farlo. In questo caso noi avremmo due possibilità. Alzare ulteriormente il livello del conflitto, oppure ritirare la nostra aviazione dalla Siria, limitando al minimo le nostre operazioni militari”.

Questa storia mette a nudo per l’ennesima volta anche le tante contraddizioni della guerra siriana. Ne citiamo solo due. La prima. Mosca ha detto che il caccia abbattuto dai turchi stava per colpire i terroristi dell’ISIS, ma nel nord-ovest della Siria non c’è lo Stato Islamico. Ci sono diverse milizie, alcune anche islamiste, che minacciano la roccaforte del regime di Assad e della comunità alawita, la costa merditerranea. Però lo Stato Islamico è molto distante, verso est. Ancora in questi giorni una nostra fonte dalla provincia di Idlib ci ha confermato che quella zona è stata colpita più volte dall’aviazione russa. La seconda contraddizione. La Turchia, comprensibilmente, sta controllando in maniera molto stretta lo spazio aereo, ma non ha mai fatto lo stesso con il confine di terra, da dove sono passati tutti, compresi i miliziani dello Stato Islamico.

È probabile che le parole di fuoco di Vladimir Putin siano state soprattutto a uso interno. La Russia ha giustificato l’intervento diretto in Siria con la necessità di sconfiggere gli estremisti islamici che potrebbero minacciare anche il Caucaso, quindi anche il suo territorio. Motivi di sicurezza. Ma per ora il Cremlino ha dovuto digerire più di duecento vittime civili (l’aereo russo abbattuto dall’ISIS sul Sinai egiziano).

È probabile che nonostante il tanto rumore di queste ore non ci saranno grosse conseguenze sul lungo periodo. Ma il conflitto siriano sta mettendo a rischio i rapporti tra i tanti paesi coinvolti. Da questo punto di vista il caso turco-siriano è perfetto. Nonostante i rapporti non siano mai stati semplici, dalla fine della guerra fredda Ankara e Mosca hanno sempre fatto affari, anche in maniera importante. Dalla Russia arriva il 20% dell’energia utilizzata in Turchia, e in Turchia dovrebbe arrivare il Turkstream, il gasdotto russo per l’Europa che vorrebbe evitare il passaggio dall’Ucraina. Quando abbiamo chiesto all’analista russo vicino al Cremlino che conseguenze ci saranno su questo fronte ci ha risposto così: “nessuna conseguenza, non abbiamo più relazioni con la Turchia”.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

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    C'è Di Buono: Max Casacci racconta Eartphonia III: Through the grapevine

    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

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