Dopo sei dischi, due colonne sonore e molti successi, i Baustelle pubblicano in questi giorni il loro primo album dal vivo: si intitola Roma Live e mette insieme registrazioni da tre diversi concerti che il gruppo ha tenuto nella capitale nel corso del tour dell’album Fantasma con tre diverse formazioni (orchestra sinfonica, sezione fiati e quartetto d’archi).
Abbiamo ospitato Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini a MiniSonica per farci raccontare, in una lunga intervista, il modo in cui è nato ed è stato realizzato questo album.
Quella del disco dal vivo era un’idea che accarezzavate da tempo o è nata in modo spontaneo alla fine del tour?
E’ successo tutto in corso d’opera. All’inizio della tournée di Fantasma non c’era ancora l’idea di farne un disco. Sapevamo che sarebbe stato un tour particolare e abbiamo deciso di registrare tutto, casomai non ci capitasse più nella vita di fare un tour del genere. Strada facendo ci siamo accorti che i concerti erano particolarmente belli e abbiamo deciso di farne un disco.
Un tempo i dischi live erano uscite importanti, che tutti gli artisti o i gruppi programmavano di fare. Oggi la cosa è un po’ diversa, spesso i dischi dal vivo servono come momenti un po’ autocelebrativi, magari in momenti di passaggio. Per voi invece cosa significa questo album? Che percezione avete di questa uscita nell’ambito della vostra discografia?
Mi piace pensare a questo disco come alla fotografia di un nostro momento storico la chiusura di un ciclo, la fine di un primo tempo in attesa di un secondo, magari più avvincente. Almeno, a Hollywood, il secondo tempo è sempre migliore del primo. L’altra considerazione che abbiamo fatto è che sarebbe stato sicuramente meglio di un best of, una scelta che normalmente i gruppi soffrono, in quanto viene pianificata più dai discografici che da loro.
Da dove viene la scelta di utilizzare queste tre serate e un unico palco, la città di Roma? Tre serate peraltro in cui vi siete presentate sul palco con tre formazioni piuttosto diverse. Come avete lavorato sui singoli concerti?
C’era innanzitutto la volontà di dare un carattere preciso a questo disco. Da ascoltatore mi piacciono i dischi live registrati in una sera, tipo il Live At Apollo di James Brown. Roma è venuta fuori da sola. Avevamo le registrazioni di tutti i concerti, il nostro ingegnere del suono ci ha proposto alcuni ascolti e ci siamo accorti che le cose migliori venivano dai concerti romani, sia sotto il profilo dell’esecuzione sia dal punto di vista del calore del pubblico. La cosa più difficile credo sia stato suonare con il quartetto d’archi, con poca elettricità sul palco. Un live del genere presuppone molta disciplina e devi un po’ dimenticarti di saper suonare in un certo modo. E’ tutto molto più silenzioso, più controllato. Per quanto mi riguarda rendere minimale una cosa molto complessa come Fantasma credo sia stata la cosa più affascinante.
Nella scaletta avete inserito due cover. Una versione di un brano degli inglesi Divine Comedy, “Lady of a certain age”, che è stata tradotta in italiano con il titolo di “Signora ricca di una certa età”, e “Col Tempo” di Leo Ferrè. Come sono stati scelti questi brani?
Durante la tournée di Fantasma volevamo inserire delle cover e abbiamo fatto delle scelte considerando come criterio comune brani che avrebbero dovuto parlare del tempo che passa. Oltre a “Signora ricca di una certa età”, cover dei Divine Comedy, abbiamo inserito “Col tempo” di Ferré nella versione di Enrico Medail mentre sono rimaste fuori l’adattamento di “My Autumn’s Done Come” di Lee Hazelwood e “Stranizza d’amuri” di Battiato. Sono molto contento del fatto che alla fine questi due brani siano diventati qualcosa in più di due cover. Sono due pezzi di cui ci siamo impossessati e che non sono un puro esercizio di stile ma è come se fossero delle canzoni dei Baustelle non scritte da noi.
Mi incuriosisce molto il lavoro fatto sulla traduzione in italiano di canzoni inglesi. Dovendo adattare un testo di una canzone pop in inglese, si possono fare due scelte. O dare priorità al testo, cercando di rimanervi fedele il più possibile, oppure dare priorità alla linea melodica del cantato. Nell’adattare il brano dei Divine Comedy che scelta è stata fatta?
Innanzitutto alla linea melodica e al suono. “A Lady of a Certain Age” è una canzone armonicamente complessa sui cui magicamente saltella una melodia che alla fine diventa cantabile, addirittura italiana, quasi da classico napoletano. Spesso quando si adattando in italiano scansioni ritmiche angloamericane, legate magari al blues, si ottengono effetti quasi ridicoli. Questo pezzo invece aveva già un approccio quasi da “bel canto” di suo e questo forse ha un po’ facilitato il suo adattamento.
(per la stesura di questa intervista ringraziamo per la collaborazione Gianluca Lambiase)
Ascolta l’intervista integrale con i Baustelle trasmessa a MiniSonica (16’35”)