
Piovono commissari sulla politica italiana. E a mandarli è il capo del governo Renzi.
Negli ultimi giorni si è parlato molto di commissari, anche per alcune coincidenze temporali come la decadenza di Marino da sindaco di Roma e la fine dell’Expo. La cacciata di Marino dal Campidoglio ha portato alla nomina al suo posto, come prevede la legge, di un commissario prefettizio, Francesco Paolo Tronca, fino ad un attimo prima prefetto di Milano. Quasi contemporaneamente la chiusura dell’Expo milanese è stata accompagnata dalla celebrazione del rito ambrosiano dei grandi eventi e del suo sacerdote, Giuseppe Sala (amministratore delegato di Expo Spa) che è stato anche commissario unico del governo per l’Expo. Sala sta riempiendo le cronache politiche di questi giorni anche perchè da commissario del governo si appresterebbe a diventare candidato sindaco di Milano.
E gli altri commissari, chi sono? Un paio di mesi fa il governo ha nominato il prefetto di Roma Franco Gabrielli commissario unico per il Giubileo. E ancora, un altro commissario: Raffaele Cantone, il magistrato anticamorra. Il governo Renzi lo ha voluto a capo dell’autorità anticorruzione nel giugno del 2014, mentre lo scandalo per l’inchiesta della procura di Milano sulle tangenti all’Expo (con i redivivi Greganti e Frigerio) rischiava di bloccare sul nascere il grande evento.
Ecco, dunque, la squadra dei commissari renziani. Cosa rappresentano? Sono i tecnici che riempiono un vuoto della politica, come si diceva qualche tempo fa, oppure sono solo emissari, mandatari di una politica che invece conta e che sta al centro della scena?
Memos ne ha parlato oggi con Luca Alessandrini, direttore dell’Istituto Ferruccio Parri di Bologna. «I commissari prefettizi – dice – sono sempre esistiti. Pensiamo agli anni ’50: la grande diffidenza dei governi democristiani verso le amministrazioni, che allora venivano definite “rosse”, portava al commissariamento dei comuni. Non c’è dubbio che oggi stiamo vivendo una stagione diversa e questa forma giuridica viene usata a piene mani. Stiamo attraversando una stagione di grande mutamento della politica nella quale si incontrano due tendenze: da una parte c’è la sfiducia nella politica, la mancanza di una politica fatta di dialettica, di partecipazione, di progettazione; dall’altra un grande desiderio di rafforzare i poteri esecutivi. Da questo punto di vista i prefetti rappresentano il massimo dell’autorità, ricordano un po’ la stagione napoleonica in cui venne fondata la rete dei prefetti per avere un rapporto diretto tra il potere centrale e le amministrazioni locali».

Il ricorso ai commissari è la conseguenza di un “vuoto della politica” (i commissari fanno i supplenti come al tempo dei “tecnici”), oppure in questo caso i commissari (Sala, Tronca, Gabrielli, Cantone) sono una leva sotto il diretto controllo della politica, cioè del capo del governo e segretario del Pd, Matteo Renzi? «Direi – risponde Alessandrini – che in parte Renzi muove queste pedine, e lo fa a piene mani e con grande convinzione; in parte invece si trova in una situazione obbligata. Stanno giungendo al pettine i nodi di una lunga stagione. Da un lato la politica è entrata in crisi, è stata svuotata, incapace di esprimere – a differenza di altri paesi europei – un indirizzo, un programma, un governo. In Italia la crisi della politica è molto più forte perchè più debole è stata la costruzione democratica italiana. Dall’altro lato c’è chi ha cavalcato questa crisi aumentandola, approfondendola. Non c’è dubbio che l’attuale presidente del consiglio dei ministri, nella convinzione di rendere più facile, rapido e sbrigativo il governo – e il percorso delle riforme che intende proporre – abbia eliso i corpi intermedi. Pensiamo, ad esempio, alla crisi delle regioni, all’ignoranza delle rappresentanze sociali, al modo col quale vengono elusi e aggirati tutti gli interlocutori sociali e istituzionali intermedi che si frappongono fra il potere centrale e i cittadini. Sembra quasi che la proposta di Renzi del “sindaco d’Italia”, di rendere l’esecutivo nazionale come quello di un sindaco eletto direttamente dai cittadini, fosse la soluzione alla crisi della politica. Allora – conclude Luca Alessandrini – non c’è dubbio che i “commissariamenti”, gli interventi di uomini forti dotati di poteri ordinari o straordinari, fanno parte di questa logica. I commissari prefettizi, i prefetti, gli amministratori unici sono una nuova forma di governo che elude le forme di governo collegiali, elettive, democratiche alle quali eravamo abituati e che la nostra Costituzione dovrebbe garantire».
Il racconto di Alessandrini oggi a Memos prosegue sull’analisi dei casi di Roma (Marino) e Milano (Sala) e sulle difficoltà con cui la sinistra esterna al Pd oggi tenta di rispondere al progetto renziano.
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