Un Paese diseguale, con disparità sociali enormi. E che riguardano soprattutto ragazzi e ragazze sotto i 18 anni. A scattare la fotografia l’Istat, Istituto nazionale di statistica, nel corso di un’audizione al Parlamento, davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato. I dati annunciati dal presidente, Giuseppe Allevi, sono molto allarmanti.
In Italia, settima potenza industriale del mondo, ci sono 1 milione e 45 mila minori che sono in povertà assoluta. Uno su dieci di coloro che abitano nel nostro Paese. Tra questi, un terzo sono immigrati residenti.
Il dato sui minori è il peggiore all’interno di un quadro delle povertà in Italia che già destava preoccupazione: basti pensare alle famiglie, che sono 571 mila sotto la soglia di povertà. Mentre la recssione acuiva il fenomeno, la politica è rimasta indifferente, come racconta ai microfoni di Radio Popolare la sociologa Chiara Saraceno.
Per capire com’è cambiata la situazione, nel 2008, anno in cui è eplosa la crisi, i minori in povertà assoluta erano 375 mila, nel 2011 sono diventati 523 mila e oggi sono triplicati, arrivando a 1 milione e 45 mila. Un’ emergenza più diffusa nel Nord e nel Mezzogiorno (dove la media è oltre un bambino su dieci) che nel Centro (dove è meno dell’8 per cento).
Dottoressa Saraceno, l’Italia – stime Ocse – è tra i sette Paesi più industriliazzati, eppure ha un milione di minori in povertà assoluta. Ma è possibile?
Purtoppo è possibile, persino accettato dal nostro Paese, perché sinora non si è fatto pressoché nulla per affrontare il problema.
Insisto: come è possibile che un Paese ricco come l’Italia, abbia un milione di minori in povertà assoluta?
Perché i Governi che si sono succeduti in questi anni non hanno considerato l’emergenza povertà una priorità. Un atteggiamento scandaloso.
Cosa vuol dire per un minore vivere in povertà assoluta ?
Vuol dire essere più esposti a malattie, non avere sempre cibo a sufficenza, non potere fare sport, non aavere le stesse possibilità di studiare degli altri.
Fermiamoci sulla scuola.
Mi indigna che nella riforma del Governo (la Buona Scuola, ndr) non si sia pensato a stanziare risorseper i ragazzi più poveri. Questa fascia debole avrebbe bisogno di un intervento aggiuntivo, che non c’è stato.
Cosa vuol dire per un Paese come il nostro avere il 10 per cento dei minori in povertà assoluta?
Significa essere un Paese che non investe nel suo futuro. Poi significa essere un Paese che si dichiara democratico, ma ignora diseguaglianze e povertà, che sono due elementi che minano la tenuta democratica, sin dalla prima infanzia. Altro che democrazia.
Quindi?
Quindi siamo un Paese in cui la politica lascia che l’origine sociale segni fortemente la vita delle persone, escludendole dalla società. L’Italia è tra i Paesi europei con il più alto tasso di interruzione precoce degli studi.
Perché i politici in questi anni non hanno fatto nulla o quasi per le povertà?
Perché non porta voti; perché fare investimenti pubblici al Sud, dove ce ne sarebbe più bisogno, non è popolare; perché invece di tagliare il Welfare bisognerebbe rafforzarlo; perché occorrerebbe fare un vera politica redistributiva dei redditi. Siamo sicuramente un Paese in cui i bambini e gli adolescenti, soprattutto quelli poveri, non sono considerati cittadini con diritti propri, né soggetti sui quali sarebbe doveroso, oltre che utile, investire.
L’Istat sostiene che questo Governo ha messo a punto concrete azioni di contrasto contro la povertà. Lei cosa ne pensa?
Il Governo Renzi ha stanziato 800 milioni e, per la prima volta, i minori poveri entrano nell’ agenda poltica, per quanto in modo marginale. La differenza è macroscopica rispetto a ciò che si spenderà per togliere Tasi e Imu ( circa 4 milairdi di euro, ndr). Va aggiunto che i criteri per elargire questi aiuti ai poveri sono restrittivi: taglieranno fuori una parte modesta di chi si trova in povertà assoluta.