La Corte europea per i diritti umani ha condannato la Russia per la legge federale che vieta la propaganda omosessuale tra i minori di 18 anni, entrata in vigore nel 2013.
Secondo la corte di Strasburgo la legge è discriminatoria, rinforza lo stigma e il pregiudizio dell’omosessualità e incoraggia l’omofobia, condizioni incompatibili con i princìpi di uguaglianza, pluralismo e tolleranza di una società democratica.
Inoltre, si legge, la difesa del governo ha fallito nel dimostrare come la libertà d’espressione su tematiche LGBT possa affliggere le famiglie tradizionali o compromettere il loro futuro.
I tre attivisti russi che hanno presentato la causa davanti alla Corte, furono arrestati e multati tra il 2009 e il 2012 per aver partecipato a diverse proteste di piazza contro leggi anti gay locali.
Secondo la Corte gli arresti hanno violato gli articoli 10 e 14 della convenzione di Strasburgo, che sanciscono rispettivamente la libertà di espressione e la proibizione di discriminazione.
Il governo russo dovrà rimborsare i tre attivisti per un totale di 43.000 euro entro 3 mesi.
Un portavoce del presidente russo Vladimir Putin ha detto che il Cremlino studierà il verdetto e presenterà un appello alla Corte.
Intanto, Nikolai Alexeyev, uno degli attivisti, ha descritto la sentenza come un’enorme vittoria per le persone LGBT in Russia.
In Russia l’omosessualità è stata depenalizzata nel 1993, ma la discriminazione è rimasta largamente diffusa e secondo l’ONG Human Rights Watch a partire dal 2013 gli attacchi alla comunità LGBT in Russia si sono intensificati.
È di pochi settimane fa la notizia della presenza in Cecenia di una campagna anti gay che ha causato la tortura e la morte di centinaia di uomini in tutto il paese.